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politica estera
i missili sulle nostre teste
di Alessandro Ceravolo

Quattro insuccessi su nove tentativi. Il 25 maggio scorso l'ultima clamorosa disfatta. Proprio nel giorno dell'ennesimo lancio missilistico nordcoreano, il tanto discusso scudo spaziale statunitense ha fallito un altro test, mostrando tutta la sua inadeguatezza.

Il missile bersaglio, prodotto dalla tristemente nota Lockheed Martin (il principale fornitore di armamenti al mondo), lanciato dall'isola di Kodiak, in Alaska, non avrebbe raggiunto l'altezza necessaria per essere considerato una minaccia, lasciando inaspettatamente a terra il missile intercettore. Per i responsabili dell'Agenzia di difesa, riuniti nella base californiana di Vandenberg (resa famosa anche da un noto romanzo di Michael Crichton), non c'è stata scelta: il missile "cattivo" è stato immediatamente fatto esplodere con un comando a distanza. Considerando che il sistema intercettore, costruito negli stabilimenti della Boeing (nota soprattutto per i suoi aeroplani), conosceva l'ora del lancio e la traiettoria del suo nemico, è impossibile pensare che lo scudo statunitense potrà rivelarsi all'altezza di un attacco reale. L'Agenzia di difesa, per il momento, preferisce non parlare di fallimento quanto, piuttosto, di prova non eseguita; secondo alcuni portavoce, inoltre, l'esito "non confortante" del test dimostrerebbe la necessità di completare in tempi molto rapidi un sistema di difesa europeo indipendente da quello americano: un eventuale missile lanciato dall'Iran potrebbe, infatti, cambiare rotta e cadere su un impreparato vecchio continente.

L'obiettivo perseguito nel mese di maggio dal Segretario di stato americano Condoleeza Rice è stato proprio il completamento degli accordi per lo scudo missilistico europeo (che al momento copre solo la parte settentrionale del continente grazie a impianti situati in Gran Bretagna e in Groenlandia). La prima tappa è stata la Polonia che sembra aver accettato di buon grado la possibile installazione di una decina di rampe di lancio per missili sul suo territorio. Più complessa la situazione di fronte alla Rice durante la sua seconda visita: la Repubblica ceca, inizialmente d'accordo con l'installazione del sistema radar nelle campagne boeme, deve fronteggiare una ondata di malcontento che si è diffusa in queste ultime settimane e che è sfociata nella manifestazione del 26 maggio. Migliaia di persone, guidate da Jan Kavan, ex ministro degli Esteri ed ex presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, hanno gremito piazza Venceslao (erano anni che Praga non assisteva ad una simile dimostrazione di dissenso) per protestare contro l'intrusione americana nella politica di difesa ceca.

Il principale oppositore al progetto americano resta, però, Vladimir Putin. Mosca si sente talmente minacciata da questo ulteriore ingresso di armamenti d'oltreoceano in centro Europa da dichiarare di voler stracciare il Trattato sulle Forze Non Convenzionali, firmato nel novembre del '90 con la Nato. Questo clima da guerra fredda, motivato anche dall'ormai prossimo termine del mandato per il presidente Putin, ha immediatamente messo in allarme i vertici di Bruxelles che hanno tentato, senza successo, di organizzare accordi bilaterali mirati al rinvenimento di una soluzione di compromesso. L'onnipresente Condoleeza ha allora trovato una soluzione, proponendo alla Russia una serie di incontri privati da effettuare dopo l'estate. E così la decisione finale per lo scudo antimissile europeo sarà presa in assenza di rappresentanti europei.

Nessuno ancora può sapere quanto sia effettivamente necessaria l'installazione in territorio comunitario di un simile sistema (e certamente le fallimentari notizie provenienti dagli States non possono rassicurare) ma l'assenza di una posizione comune all'interno del gabinetto Ue si sta facendo sentire per l'ennesima volta. Finché la situazione rimarrà tale l'Europa continuerà a rimanere in silenzio anche di fronte a questioni che la vedono protagonista.

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