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storia
la guerra dei sei giorni

Fosse ancora in vita, Gianbattista Vico userebbe la crisi del vicino oriente per dimostrare la sua teoria dei corsi e ricorsi storici. Nel passare da periodi di relativa calma alla guerra aperta, da tregue, ritiri, trattati a scontri, razzi, rappresaglie, sembra che poco sia cambiato dalla guerra dei sei giorni, della quale ricorre il quarantesimo anniversario.

Una pace instabile regnava nella regione dalla crisi di Suez del 1956. Da allora, una forza di interposizione dell'ONU aveva separato le truppe egiziane da quelle israeliane.

Il 18 maggio del 1967 Nasser chiese all'allora segretario delle Nazioni Unite Thant il ritiro delle truppe di interposizione stanziate in territorio egiziano. In un'atmosfera di crescente tensione, l'egitto ricevette l'appoggio sovietico e quello della maggior parte dei paesi arabi, mentre, sull'altro versante, gli Stati Uniti confermarono l'appoggio agli israeliani.

Israele pose fine alla tensione lanciando un attacco a sorpresa il 5 giugno 1967. La guerra fu poco più che una parata per il Tsahal, l'esercito israeliano. Il Sinai egiziano, la striscia di Gaza, la Cisgiordania, la città vecchia di Gerusalemme e le alture del Golan in Siria caddero in solo sei giorni di combattimenti. Il territorio dello stato ebraico passò da poco meno di ventimila chilometri quadrati a centoduemilaquattrocento. Nonostante le proteste delle Nazioni Unite e il disaccordo delle grandi potenze, il parlamento israeliano ratificò l'annessione della parte araba di Gerusalemme il 23 giugno.

Le reazioni alla sconfitta araba non si fecero attendere.

Nella conferenza dei capi di stato arabi del 28 agosto a Khartoum, in Sudan, si costituì il "fronte del rifiuto": i partecipanti si impegnarono a non riconoscere né negoziare la pace con Israele. Intanto, l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) iniziava la lotta per ottenere la propria autonomia.

Il 22 novembre 1967 l'ONU votò la risoluzione 242, secondo la quale Israele avrebbe dovuto ritirarsi o dai territori occupati (nella versione francese) o da alcuni dei territori occupati (in quella inglese), e si affermava il diritto di ogni nazione della regione a vivere "in pace all'interno di frontiere sicure".

Con la grande vittoria israeliana del 1967 si creò l'elemento essenziale di tutte le crisi israelo-palestinesi fino ad ora: l'occupazione dei territori di Gaza, della Cisgiordania e della parte araba di Gerusalemme.

A distanza di quaranta anni dalla guerra dei sei giorni, la crisi israelo-palestinese sembra ancora lontana da un epilogo pacifico, nonostante il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza avvenuto nel 2005.

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