Le polemiche su una nuova legge elettorale, che tutti vogliono, ma con intenzioni e proposte diverse, non accennano a placarsi. Tra le tante ipotesi avanzate nessuna dispone però direttamente la soppressione della sciagurata norma della legge attuale che non prevede alcun tipo di scelta dei candidati da parte degli elettori. In sostanza noi potremo continuare a scegliere i consiglieri comunali e circoscrizionali, ma non i deputati e i senatori. Forse neppure nella Russia di Putin il presunto popolo sovrano viene trattato così. Tutto rimarrebbe nelle mani dei vertici dei partiti e poi dicono che la gente non vuole interessarsi di politica. A questo proposito proponiamo ai nostri lettori un articolo del prof. Carlo Taormina, noto avvocato, che ha indicato sul quotidiano "Libero" almeno una sorta di primarie con le quali i cittadini possono finalmente scegliere la classe dirigente del Paese. (Ada)
C'è un dato che accomuna tutte le proposte di riforma della legge elettorale ed anche, pur se per forza maggiore, i quesiti referendari. Qualunque cosa accada, i cittadini italiani rimarranno privi del diritto di scegliere le persone destinate a rappresentarli. La cosa sorprende ancor più se si considera che la principale accusa rivolta alla riforma di Berlusconi, è stata proprio quella di aver reintrodotto un sistema elettorale partitocentrico ed espropriatore di un fondamentale diritto civico, come quello in questione. Il risultato concreto conseguito alle politiche del 2006, per la verità, non è stato esaltante. Questa volta anche terroristi e assassini sono divenuti titolari di importanti ruoli parlamentari. Le ragioni dell'ostracismo al riconoscimento del diritto del cittadino ad esprimere la preferenza per chi vuole che lo rappresenti sono note. La storia della prima Repubblica ha insegnato che le preferenze si compravano e nelle terre di mafia, camorra e 'ndrangheta non erano un diritto ma un'imposizione. L'attualità ha confermato la vocazione del sistema delle preferenze alla corruttela. Questo è esattamente ciò che accade nelle elezioni amministrative. E' necessario, tuttavia, partire da una elementare considerazione: è difficile dire che la Costituzione - nella sostanza, se non nella rigorosa lettura - nel momento in cui attribuisce al cittadino il potere di elettorato, non postuli soprattutto il diritto di scelta della persona. Anche se i sistemi di esercizio della scelta possono essere molteplici, non necessariamente identificabili con la scrittura del nome e del
cognome del candidato preferito. Non vedo, quindi, alternative alla pratica delle elezioni primarie, ma sicuramente non nei termini piuttosto artificiali e di plastica che hanno caratterizzato
quelle del centrosinistra. Un
buon punto di partenza a noi
sembra quello preannunciato
dai responsabili di Forza Italia
che hanno lanciato la proposta
di estendere l'elettorato attivo
anche ai non iscritti al partito.
Non credo, però che questo
possa bastare. Anche l'elettorato passivo (pur non potendo
ignorare l'esigenza di una adeguata selezione da parte dei partiti) deve superare la sfera degli iscritti. Questo perchè non sarebbe assolutamente accettabile che i risultati
delle primarie
possano essere ritoccati, anche dal
più saggio dei vertici
di partito, che non saprebbe sottrarsi alla tentazione
di far eleggere il cavallo di turno.
E' necessario, però, che il sistema delle primarie sia apprestato,
come generale metodo, di
tutti i partiti prima delle prossime politiche, attraverso un'autoregolamentazione che costituisca la manifestazione più importante di democrazia interna.
Specialmente in questo delicato
momento di trasformazione del
ruolo e delle dimensioni delle
aggregazioni politiche. Mi riferisco alla tendenza, inaugurata
dal preannuncio della nascita
del Partito democratico, della
politica italiana verso il bipartitismo, la cui attuazione è da anni auspicata da Berlusconi. La
necessaria formazione correntizia di ciascuno dei due blocchi
non può essere governata altrimenti che da elezioni primarie
se non si vogliono trasformare
capicorrenti in capibastoni.