Francia/Gran Bretagna, Rep. Ceca, Spagna, USA 2006
Regia: Milos Forman
Durata: 106'
Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Milos Forman
Interpreti: Javier Bardem, Natalie Portman, Stellan Skarsgard, Randy Quaid
Genere: Dramma
Spagna, a cavallo fra il '700 e l'800, nel periodo fra gli ultimi anni prima del'arrivo delle truppe napoleoniche e la restaurazione della monarchia a seguito dell'avanzata delle truppe inglesi. Lorenzo Casamares (Javier Bardem) del Sant'Uffizio decide di avviare un giro di vite nella ricerca degli ebrei e dei mussulmani che non si sono convertiti. Ne fa le spese Inés Bilbatua, modella preferita del pittore di corte Francisco Goya che resta imprigionata per ben 15 anni. Quando arrivano le truppe napoleoniche Goya riesce a intercedere perché venga liberata la ragazza mentre Casamares si converte alla nuova fede rivoluzionaria. Quando infine anche i francesi debbono ritirarsi per l'arrivo delle truppe inglesi, l'ex-domenicano è costretto a sua volta a subire un processo...
Milos Forman riprende a narrarci storie ambientate nel settecento, a lui così congeniale (Amadeus, Valmont). Lo fa per trasmetterci tutto il suo odio verso quei governi o istituzioni che instaurano delle dittature ideologiche, tutte quelle che ritengono di avere la verità dalla loro parte e opprimono coloro che la pensano diversamente. In questo film i suoi bersagli sono l'Inquisizione spagnola e le truppe napoleoniche che impongono i loro ideali "libertari".
L'autore affronta questo tema, molto interessante di per sè, senza curarsi della realtà storica ma liquidando i suoi avversari con quella che potrebbe apparire una satira sferzante ed è invece un metodo sbrigativo e superficiale di passare sopra la complessità della storia e la profondità dell'animo umano.
Se voleva parlar male dell'Inquisizione spagnola non ha fatto un buon servizio alla sua causa, mettendo in scena la storia di una ragazza che viene accusata di eresia e imprigionata per esser stata vista in una locanda mentre si rifiutava di mangiare un cosciotto di maiale che le veniva offerto. Alla giovane il maiale semplicemente non piaceva ma il suo atteggiamento è sufficiente per venir sospettata di essere ebrea, sottoposta alla tortura della corda e infine imprigionata. Se voleva parlare del fanatismo insito nei nuovi "missionari" della rivoluzione francese, non ha portato acqua alla sua causa mostrando un ufficiale napoleonico che entra a cavallo in chiesa e spara a un chierico semplicemente per gli da fastidio con le sue litanie. Il margine fra la satira e il qualunquismo, quando temi importanti sono trattati così sbrigativamente, è molto labile.
La maggior parte dei critici hanno osservato come Milos Forman (un regista ceco poi emigrato negli Stati Uniti) ci racconta dei regimi del passato per parlare delle dittature del '900 e in particolare di quello comunista, da lui vissuto in prima persona. Proprio nello stesso periodo in cui L'ultimo inquisitore viene proiettato nelle sale, è possibile andare a vedere Le vite degli altri che tratta proprio del modo con cui il regime comunista della Germania dell'Est stendeva il suo controllo inquisitore su tutta la popolazione. Il contrasto non poteva essere più stridente. Il regista Henckel von Donnersmarck si è accuratamente documentato e nonostante il suo stile sobrio e senza forzature ad effetto ha realizzato un documento accusatorio tanto più efficace quanto verosimile.
Lo stesso personaggio centrale, Lorenzo Casamares, è un tale concentrato di malvagità e ipocrisia (prima fanatico Inquisitore, poi altrettanto inflessibile accusatore dei nemici della rivoluzione francese, infine lussurioso violentatore di donne incarcerate) da risultare solo un simbolo astratto e non un personaggio reale nonostante gli sforzi dell'attore Javier Bardem.
Francisco Goya (personaggio secondario in questa storia), che dovrebbe essere il suo contraltare positivo, pacifico e pieno di umanità verso chi viene oppresso, passa indenne attraverso tutte le rivoluzioni e controrivoluzioni continuando a ritrarre i potenti del momento e risulta piuttosto un opportunista che cerca di sopravvivere in tutte le stagioni.
La storia ha lo sviluppo tipico del feuilleton ottocentesco (lunghe detenzioni in squallide prigioni, la ricerca di una figlia che è stata separata dalla madre appena nata, l'attraversamento di guerre e saccheggi...) ma Jean-Claude Carrière non è Victor Hugo e la storia appare così pasticciata da perdere la sua vis emotiva.
Resta da citare, fra gli elementi positivi, l'omaggio alla pittura di Goya, che attraversa tutto il film: la scelta di un colore brillante, che ricorda la sua pittura ad olio, certe scene di saccheggio delle truppe francesi, ispirate direttamente ai suoi quadri; il dettaglio della sua vita di pittore di corte e i suoi problemi per compiacere la coppia reale; infine il dettaglio di come nella sua bottega venivano preparate le famose acqueforti.
(per gentile concessione di www.familycinematv.it)