da ITALIA OGGI
Nei miei viaggi a NY alla ricerca di segnali deboli mai può mancare almeno uno dei sottoprodotti basici della dabbenaggine umana, il gadget intellettuale. Anche quest'anno l'ho trovato, il nome è splendido, Pavlok, (una «k» in luogo della «v»), il celebre medico, fisiologo, etologo, Ivan Pavlov, diventato famoso nel mondo (del marketing) per essere riuscito a far salivare i cani al suono di una campanella. La tecnica per ottenere ciò è vecchia come il mondo, associare il suono della campanella alla sottrazione di un boccone prelibato, così il boccone scompare ma l'acquolina rimane. Tecnica basica della politica, del potere, del denaro, per dominare i gonzi che credono alle bugie (alcuni le chiamano teorie politico-economiche) delle classi dominanti. Trovo accettabile il riflesso pavloviano solo se riferito al sesso, per la sua componente bestiale fattasi nei secoli culturale.
Ringrazio Jennifer Jolly che me lo ha fatto conoscere, il NYT sarà pure un giornale «fallito» (come dice The Donald) quando scrive di politica e di economia, avrà pure la più alta concentrazione di giornalisti tromboni, sarà pure costretto a difendere l'osceno passato di Bill e l'indifendibile presente/futuro di Hillary, ma nelle pagine interne trovi delle autentiche chicche di alto giornalismo. Ringrazio Mariarosa Mancuso che sul Foglio lo ha inserito, da par suo, nella mitica scena di «Arancia Meccanica» di Stanley Kubrick, con Malcolm nella camicia di forza, gli occhi spalancati grazie a pinze crudeli, costretto a vedere orrendi filmati, dopo essere stato obbligato a ingurgitare farmaci atti a produrre nausea; il tutto per disintossicarlo dalla violenza (geniale!). Non sapevo (grazie al NYT, ora lo so) che la sanità americana (privata) lo applicasse da oltre 60 anni in una struttura ospedaliera di Seattle (patria di Microsoft) dove curano (violentano?) le cattive abitudini (alcool, droghe, fumo) dei pazienti con pillole che producono nausea, facendo tornare i malcapitati, cittadini esemplari loro malgrado. Ormai, l'immagine dei baffetti di Adolf nella nostra società App dipendente la vediamo sempre più spesso, in filigrana, sullo sfondo.
Esemplare pure la storia dell'inventore, certo Maneesh Sethi. Dopo aver utilizzato per un anno il «suo» braccialetto, con scossa elettrica incorporata, si è subito auto nominato Ceo (oggi se non sei un Ceo di qualcosa non sei nessuno).
Costui si accorse di essere più produttivo nel suo lavoro (non sono riuscito a capire quale fosse) quando decise di assumere un'impiegata che gli tirasse uno schiaffo nel caso in cui, scrive lui, «avessi loggato facebook». Come dicono i colti, «loggare» è intraducibile in italiano (è in momenti come questi che ringrazio Dio di avermi fatto nascere in Italia, vivere in Svizzera, disprezzare la disruptive innovation e UberPop), suggerisco un tentativo di traduzione: presentare le credenziali. C'è pure «sloggare» ma non ho il coraggio di espormi.
L'idea, come quelle di tutte le App (UberPop in primis), è geniale nella sua semplicità. Indossi il braccialetto (199 $, prezzo scontato per aziende), e attraverso le opzioni di tracking imposti il tuo obiettivo (Sethi li indica pure), esempio: «Voglio andare in palestra tutti i giorni», ovvero «Voglio svegliarmi entro le 8 a.m.» (mi paiono ragionevoli). Se raggiungi il goal, «Pavlok» ti accredita sul tuo account monete virtuali da spendere in negozi online, gift card, abbonamenti mensili nella più vicina palestra etc.
Che succede se il goal lo falliamo? Due le opzioni possibili: a) parte del guadagno accumulato sul nostro account viene trasferito d'imperio a un altro utente di Pavlok (non chiedetevi i criteri, fidatevi); b) se non volete essere toccati sul patrimonio, Pavlok trasmetterà, questa volta sul vostro braccio, una scossa elettrica di 340 volt. Goaaal.
Che dire? Sono senza parole, le App più sono intelligenti più mi fanno sentire un idiota.
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articolo pubblicato il: 20/05/2016 ultima modifica: 28/05/2016