L'amore impossibile in tempo di guerra
secondo Antonio Tarantino.
"Namur" con Teresa Ludovico e Roberto Corradino
a Teatri di Vita, 6-8 maggio 2016
L'amore tra un soldato e una vivandiera sullo sfondo delle guerre napoleoniche, tra macerie e soldati sgozzati. E' "Namur" di Antonio Tarantino, portato in scena dai Teatri di Bari con la regia di Teresa Ludovico (anche interprete con Roberto Corradino), che torna ancora una volta a confrontarsi con la densa scrittura di Tarantino dopo "Piccola Antigone" e "Cara Medea". Appuntamento a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; tel. 051.566330; www.teatridivita.it), venerdì 6 maggio, ore 21; sabato 7, ore 20; domenica 8, ore 17. Spazio scenico e luci di Vincent Lounguemar, costumi di Luigi Spezzacatene, collaborazione al movimento di Elisabetta Di Terlizzi. Il Teatro Kismet OperA (oggi Teatri di Bari) ha vinto il Premio dello Spettatore di Teatri di Vita 2015.
19 giugno 1815: l'armata francese è in rotta. Napoleone fugge verso Parigi. Namur, un paese di retrovia, è percorso dalla soldataglia inglese e prussiana che, casa per casa, cerca i nemici. E' notte, nei campi di grano cavalli sventrati, soldati sgozzati, sciabolati, ammassati si confondono nell'oscurità, fra gli arbusti e le fronde. In una capanna fuori Namur, Marta, una vivandiera imperiale, non più giovane, sta facendo l'amore con Lucien, un imberbe fantaccino che alle pressanti richieste di conferma d'amore da parte della donna, cercherà, fino all'alba, di sfuggire con imbarazzo e finzione. I loro dialoghi crudeli sveleranno universali meccanismi di coppia e la feroce assurdità della guerra.
Paura, coraggio, ribellione, sottomissione, verità, finzione, violenza, tenerezza, odio, amore... e la guerra con il suo odore, i suoi colori, i suoi suoni, i suoi nomi, le sue battaglie, la sua geografia, che demolisce ogni costruzione, ogni ordine, ogni grado, ogni certezza e... magma e caos. Antonio Tarantino, con pennellate mirabili crea un affresco visionario di grande potenza evocativa. I fitti dialoghi dei due personaggi, con la loro bruciante universalità, travalicano la capanna di Namur e risuonano nell'immensità della notte che si popola di Storia.
Nel 1982 ho visto lo spettacolo" Stabat Mater" di Antonio Tarantino , interpretato da Piera Degli Esposti, e sono rimasta folgorata da quel potente flusso di parole fatte di carne. Una scrittura magistrale che mi affascinava e mi intimoriva. Quando, qualche anno fa, Marco Martinelli propose, a noi attori del Teatro Kismet, uno studio per la messa in scena de" La casa di Ramallah", ebbi un tuffo al cuore: ero eccitata dalla proposta e impaurita dalla verbosità della scrittura. Allora, ho avvicinato il testo lentamente, cercando di assorbirlo ritmicamente e, quando mi sono lasciata andare, tutto è stato più semplice. Lo stesso è accaduto nella preparazione di "Piccola Antigone" e " Cara Medea", di cui ho curato anche la regia. Questi personaggi, spesso portatori di mitiche ferite, chiedono all'attore di essere incarnati così come si presentano: nudi e crudi, senza nessun giudizio.
Frequentando un laboratorio di drammaturgia condotto dall'autore, ho compreso la sua necessità di scorticare le belle parole per trovare la voce, magari rauca, di quella umanità affamata d'amore, ma che ha paura dell'altro, che si sente continuamente minacciata e che vive di doppiezza.
Le storie di Tarantino si svolgono in interni, in spazi chiusi, ma sono sempre il riflesso del fuori e della Storia. Con leggerezza e ironia riesce a coinvolgere lo spettatore in temi di grande impegno sociale.
Un teatro politico ?!
Ringrazio di cuore Antonio Tarantino per avermi affidato la prima messa in scena di "Namur", testo inedito scritto nel 1998.
(Teresa Ludovico)
articolo pubblicato il: 02/05/2016