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religione
giornata di studio sulla Deus Caritas Est e l'attività caritativa della Chiesa
di Giovanni Tridente

"L'uomo è tanto più profondamente se stesso e si sviluppa come pesona quanto più cresce nell'amore e nel dono di sé, quanto più supera la logica del bisogno per proiettasi in quella della gratuità e della donazione, che risponde in profondità alla sua natura e alla sua vocazione relazionale"

Lo ha detto il prof. Enrique Colom, Ordinario di Teologia Morale Sociale, intervenuto ieri, mercoledì 15 novembre, alla Giornata di Studio su "Il profilo specifico dell'attività caritativa della Chiesa secondo la 'Deus Caritas Est'" organizzata dalla Pontificia Università della Santa Croce.

"L'amore è quindi il criterio primario anche per lo sviluppo della società, e deve essere considerato come l'anima di ogni ordinamento sociale. È necessario, se si vuole rendere la società più umana, più degna della persona, rivalutare la carità sociale affinché essa ispiri, purifichi ed elevi tutti i legami umani, politici, economici ecc.", ha aggiunto Colom

"Ciò comporta fare dell'amore la norma costante e suprema dell'agire, poiché l'esercizio di tutte le virtù, anche nel loro aspetto sociale, è animato e ispirato dalla carità. Tale amore sociale richiede, oltre all'impegno personale, la sua istituzionalizzazione in ordinamenti e strutture che, sebbene necessarie, non possono comunque sostituire l'amore vicendevole tra le persone".

"Quanto detto va applicato in ogni situazione sociale, ma è particolarmente necessario attuarlo al fine di promuovere la crescita integrale dei gruppi sociali più bisognosi. Si tratta di vivere l'amore preferenziale per i poveri anche a livello sociale e planetario, puntando su forme di cooperazione allo sviluppo che superino le divisioni etniche ed ideologiche e gli stessi confini territoriali".

"La cooperazione si pone dunque come un traguardo, il cui raggiungimento richiede un'azione – ad un tempo programmata, responsabile e regolata – che tutti siamo chiamati ad intraprendere. Per farlo si dovranno forse cambiare gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture di potere che governano la società, per orientarli secondo una giusta comprensione del bene comune in riferimento all'intera umanità", ha concluso.

Nel corso della Giornata di studio si è svolta una tavola rotonda con lo scambio di esperienze nelle azioni di solidarietà poste in essere da alcune importanti organizzazioni. Erano presenti il dott. Vincenzo Faccioli, giornalista di Asia News, Mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma, e la dott.ssa Rosella Villa, portavoce di Harambee 2002.

"Oggi si assite ad un tipo di disagio sociale che si fa spesso disagio mentale - ha raccontato Mons. Guerino Di Tora -. Il disagiato non sente più il senso del vivere, non ha più voglia di realizzarsi, di fare.

"In tali circostanze occorre attuare quella forma di carità che si può riassumere come 'teologia della prossimità': farsi prossimo, camminare insieme, perché il vero oggetto della carità, il suo fondamento, la sua peculiarità è proprio la persona umana.

Tra le nuove forme di povertà, ha rilevato Mons. Di Tora ha rilevato, ci sono quelle "principalmente legate a problemi come l'usura, la disgregazione delle famiglie, mamme e bambini costretti a vivere su strada, il disagio degli immigrati".

"È fondamentale allora riportare la Carità alle sue origini anche nei nuovi contesti relazionali e nelle nuove problematiche: far si che l'amore di Dio che abbiamo ricevuto in noi ci spinga ad amare gli altri".

Per questo, "l' operatore della carità deve avere professionalità e un cuore che vede. Deve saper accogliere le problematiche e saper dare una risposta. La condizione di tutto questo è l'amore, il voler bene a queste persone. Puntare alla formazione del cristiano su questi ambiti è l'unica soluzione".

Vincenzo Faccioli, dell'Agenzia di notizie Asia News, ha portato la testimonianza di come alcuni elementi della Deus Caritas Est siano stati fondamentali e realmente messi a frutto in tre Paesi dell'Asia.

Ha parlato delle Filippine, dove alcune Diocesi hanno fatto proprio il pensiero di Benedetto XVI di "una carità non fine a se stessa" e attuato forme di sostegno per quella percentuale di popolazione sotto la soglia della povertà, sforzandosi di "recuperare lo spirito vero della carità, che è quello di trasmettere, nella carità stessa, la dimensione dell'amore di Dio".

Dell'India dove, nonostante una parziale libertà religiosa e la prerogativa dell'appartenenza alle caste, è stato intrapreso un "progetto caritativo globale soprattutto verso quella percentuale di persone che vedono costantemente compromessa la loro dignità".

E ha raccontato della Corea del Nord - che vive una complessa situazione nazionale, con la quasi totalità della popolazione che rischia ogni giorno di morire letteralmente di fame - dove è stata invece attuata "una carità senza timore" ad opera di tutti quegli operatori che "per amore di Cristo non chinano la testa di fronte ad una dittatura".

Ha precisato inoltre che a fronte delle continue accuse verso l'attività caritatevole della Chiesa come un mezzo per compiere atti di proselitismo o spingere alla conversione verso la fede cattolica, "è importante ribadire che nell'impegno dei cristiani non c'è proselitismo: il materialismo non potrà mai essere una risposta ai tanti problemi che affliggono l'umanità".

Rosella Villa ha presentato il progetto Harambee 2002, nato in occasione della Canonizzazione di San Josemaría Escrivà, che si pone come obiettivo principale "aiutare l'Africa e tutti quegli africani che stanno già lavorando al servizio delle proprie realtà". Dalla sua nascita, l'iniziativa ha raccolto oltre un milione di euro che sono stati affidati a coloro che in Africa stanno realizzando nuove forme di imprenditoria sociale e attività di sostegno alla crescita del Continente.

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