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Api vietnamiti
di Riccardo Ruggeri

da ITALIA OGGI

Nel mio archivio di ritagli di giornale ne ho trovati alcuni in pessime condizioni. I caratteri sembrerebbero del Corriere, alcuni contenuti potrebbero essere riferibili al 2009, non mi interessa risalire a chi li ha scritti. Dal linguaggio alto, sospetto colleghi che sanno ben maneggiare gli algoritmi verbali. Io lavoro all'antica, assumo i dati peggiori dei singoli parametri dell'analisi, poi abbatto il numero finale di un X%, ciò malgrado la realtà è sempre peggio delle mie previsioni. L'autore racconta un balletto fra Confindustria, Sindacati, Governo, propone una, dice lui, «coraggiosa riforma del fisco» (sarà stato un aborto spontaneo?), il progetto ipotizzerebbe tre sole aliquote (0-23-33%), in un contesto ove è previsto un tasso di crescita dell'1%. Sarà uno «shock positivo», afferma un esperto (anni dopo sarà ministro).

La perdita del pil Usa 2009 è stimata dell'ordine del 3%. Si chiede: chi potrà colmarlo? Si risponde: Cina, India, Brasile. Spiega: però non compreranno le stesse merci degli europei e degli americani, avendo altri bisogni. Conclude il ragionamento suggerendo agli industriali, chissà perché, di produrre meno auto di lusso e più Api. Spiazzato vado a vedere cos'è Api: scopro che è solo il plurale di un triciclo Ape della Piaggio diventato vietnamita.

Finalmente si domanda: «Cosa può far crescere questo Paese?». La risposta che si dà è secca: «Ci vuole un'economia più libera e meno tasse». Chiosa ancora: «Il livello di pressione fiscale è 7 punti superiore a quello tedesco, inaccettabile». In un altro ritaglio un suo collega di sventure si domanda e si risponde che con un debito pubblico del 120% si è falliti (ora è 133, siamo falliti?), ricorda il Mussolini del '26 che lo «consolidò» (toh, il verbo di Marchionne), l'Einaudi del '45 che lo abbatté con l'iperinflazione, conclude mesto: «Impossibile una riduzione del debito attraverso l'aumento delle tasse».

Cosa ci insegnano i «ritagli»? Dopo sette anni, i problemi sono sempre gli stessi, stesse le curiose ricette, sostanzialmente identici i risultati. Si sono succeduti al potere quattro premier, tutti mediamente bravi, differenti solo nei loro look linguistici: per ora nessun miglioramento, però siamo vivi.
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articolo pubblicato il: 28/03/2016 ultima modifica: 06/04/2016

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