Lunedì 23 novembre 2015 sarà ricordata, da molti, come una data importante sotto il profilo didattico. Finalmente avranno toccato con mano la differenza esistente tra una obbligazione senior ed una subordinata. La lezione è stata sospesa per l'intervento del Governo italiano che ha impedito con un'abile mossa che qualcuno si rendesse conto della differenza che intercorre tra obbligazione e deposito. L'abile mossa ha anche impedito che si dovessero fare i conti anche con i depositi superiori a 100.000 euro.
In buona sostanza che cosa è successo: quattro banche italiane sono state salvate dal fallimento ed il Governo è intervenuto prima che entrassero in vigore le regole europee.
Il primo gennaio 2016 l'Italia si sarebbe adeguata alla direttiva Europea che impedisce l'intervento dello Stato nei salvataggi bancari lasciando l'onere in capo agli azionisti, obbligazionisti e correntisti.
Nel caso delle quattro banche salvate l'onere andrà in capo agli azionisti, obbligazionisti possessori di obbligazioni subordinate, mentre i possessori di obbligazioni senior e correntisti hanno tirato un respiro di sollievo.
Al grande pubblico è stato comunicato con toni trionfalistici che il salvataggio viene effettuato dal sistema bancario stesso senza costi per i cittadini.
In realtà l'operazione, alquanto complessa, non è indolore per le casse dello Stato perché l'aiuto fornito dal sistema bancario verrà ripagato con sgravi fiscali. E gli sgravi fiscali sono soldi che lo Stato avrebbe potuto incassare e non incassa per favorire l'operazione di salvataggio.
Come si legge l'operazione è complessa, perché coinvolge la cassa depositi e prestiti per la creazione di un fondo dedicato al salvataggio. Questo fondo in realtà si sarebbe dovuto costituire nel tempo a partire dal primo gennaio 2016 e sarebbe stato destinato al ristoro dei correntisti con depositi fino a 100.000.
L'operazione ideata e posta in essere con decreto legge si basa sulla creazione immediata del fondo di salvataggio accumulando immediatamente le risorse che si sarebbe dovute creare con versamenti annuali delle banche.
I fondi sono messi a disposizione dalla cassa depositi e prestiti (visto che le altre "dispense" sono ormai alla frutta: vedi INPS).
Dire, ora, che lo Stato non ci metta un euro e che questo non è un aiuto di Stato alle banche in difficoltà appare un esercizio linguistico a sostegno di una tesi insostenibile.
E' legittimo domandarsi chi ci guadagna da questa operazione e soprattutto chi ci rimette.
Lo Stato rinuncia ad incamerare imposte e nell'immaginario collettivo non dover pagare è già un vantaggio. I correntisti delle banche in difficoltà con il rischio di slogarsi una caviglia sono andati a comprare una o meglio diverse candele da portare al Santo protettore del risparmio, per ringraziarlo dello scampato pericolo. Se non si fosse sdoganato una domenica pomeriggio, mentre tutti erano incollati al campionato di calcio o ai rastrellamenti belgi, quello che potremmo definire "l'amatriciana bail in"(o forse più correttamente bail in alla ribollita) i correntisti con depositi superiori a 100.000 e gli obbligazionisti tutti sarebbero stati a leccarsi le ferite con poca propensione all'acquisto di candele di ringraziamento.
Visto che per la gioia di questi personaggi scampati al pericolo sono state impiegate tutte le risorse che avrebbero dovuto proteggere, nel tempo, soltanto gli aventi diritto, almeno secondo la direttiva europea, è lecito pensare che è stato risolto un problema oggi, ma che se si dovesse ripresentare le risorse non ci sarebbero.
Verranno versati fiumi di inchiostro per sostenere questa o quella tesi, sicuramente la teoria del male minore verrà utilizzata a suffragio dagli interventisti, ma una cosa è certa : l'operazione effettuata a meno di 40 giorni dall'entrata in vigore di una legge che avrebbe definito tutt'altri scenari sotto il profilo delle responsabilità nella crisi delle banche coinvolte, desta inevitabilmente curiosità.
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articolo pubblicato il: 16/12/2015 ultima modifica: 31/12/2015