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imitatori di Biscardi

Monti, Letta e Renzi

di Riccardo Ruggeri

da ITALIA OGGI

Lo premetto, ho amato Aldo Biscardi e Alberto Sordi. Nessuno ha saputo raccontare, interpretandola, la politica italiana dal 1980 al 2010 meglio di Biscardi, così come la cialtroneria di noi italiani meglio di Sordi. La Prima Repubblica è stata anche questo.

Ma Biscardi ha dominato pure la Seconda Repubblica, si è intrufolato nelle presidenze Scalfaro, Ciampi, Napolitano, fino al «golpe bianco» anti Berlusconi del 2011 (Geithner dixit). Lì è finito il suo ciclo, ma a lui e al suo format si sono ispirati i conduttori televisivi che l'hanno sostituito, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi. I primi due sono stati, diciamocelo, un flop (ascolti bassissimi), Renzi pare meglio.

La perfezione del format si estrinsecava nella sua squadra, nella sua tecnologia, nella sua vision-mission sintetizzata dall'insuperabile «La moviola in campo!!»(traduzione attuale: puntiamo alla crescita!). Biscardi come Sigfrido. Questi, resosi invulnerabile grazie al sangue del drago, nel quale si era immerso, non si accorse che una foglia, cadutagli sulla schiena, l'aveva reso vulnerabile, proprio in corrispondenza del cuore, così fu per Biscardi con la moviola in campo. Se l'Uefa l'avesse autorizzata, in quell'istante lui sarebbe morto.

La sua squadra (i suoi ministri) era formata dagli ospiti in studio, Tiziano Crudeli (milanista esaltato), Elio Corno (interista triste come un controller), Bruno Bernardi (juventino viscerale e eviscerato), Giorgio Martino e il professor Taormina (in rappresentanza delle «complottiste» Roma e Lazio). Ciascuno di loro era l'archetipo di uomini politici e ministri.

Poi le vallette, bellissime, giovanissime (tutti maggiorenni), usate solo per annunciare lo spazio pubblicitario. Facile e divertente accoppiarvi nomi di ministre e parlamentari, specie di questa legislatura.

Indimenticabili le «bbombe!!» di Maurizio Mosca, al momento sembravano vere, in realtà finiva poi come con le slide 2014 che promettevano risultati a cadenza mensile. Però un paio di volte si avverarono, riconosciamolo.Nel '99 la svolta, arrivò la «Supermoviola», una virtual-reality, in esclusiva mondiale, con tecnologia di origine militare. Indicava con esattezza millimetrica la contemporanea posizione sul campo dei giocatori, dell'arbitro, del pallone. La manovrava suo figlio Maurizio.

Dopo le 23, quando «il mostro» si presentava, l'audience s'impennava e i rossi capelli di Biscardi diventavano fiammeggianti: silenzio tombale, sentenza, i gufi facevano autocritica, si pentivano in diretta, si vergognavano gli arbitri. La politica non ha nulla di simile, solo Renzi ha avuto il genio di umanizzare la «Supermoviola», chiamandola Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), affidandola a un personaggio di cui si fida, al punto che si pensa possa essere il suo successore.

Certo la «Supermoviola» è potere, chi la possiede governa. Cos'era se non una «Supermoviola» (versione satellitare, con antrace incorporato) quella che Colin Powell presentò al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per giustificare la guerra a Saddam? Poi si scoprì che era tutto falso, ma «c'era Colin Powell, non Maurizio», avrebbe chiosato Biscardi.

«Processo», per usare un termine oggi di moda, è stato lo storytelling più autentico dell'Italia, e Biscardi, al contempo, l'io narrante e il leader politico-culturale nel quale ci siamo tutti riconosciuti per 35 anni: i politici declinavano durante la settimana le strategie che lui il lunedì aveva indicato come metafore calcistiche. Il format del «Processo» è talmente perfetto, che ormai lo usano tutte le Cancellerie, Roma, Parigi, Washington, Bruxelles (solo a Berlino non sfonda). Il recentissimo caso Grexit si è svolto con modalità e ritmi tipici del «Processo». Per esempio, Varoufakis rivolto a Schäuble ha ripetuto in greco la celebre frase che Maurizio Mosca disse la domenica dello scudetto alla Lazio, dopo il diluvio di Perugia: «Il campionato è falsato». Schäuble, annichilito, ha aperto il borsellino.

Prendiamo il caso Crocetta, cos'è se non una puntata del «Processo», dai nostri studi di Palermo? Biscardi un caso simile l'aveva vissuto. Fu nel marzo 2004, all'indomani della sospensione del derby romano e relativi incidenti. Un cameraman in trasmissione disse di essere stato picchiato dalla Polizia, mostrando in diretta un occhio nero. In realtà, era sì stato malmenato, ma l'occhio era stato truccato, prima di andare in onda, per motivi di audience. Infine, prendiamo il Renzi che annuncia il taglio di 50 miliardi di tasse.

Personalmente ci credo, come credevo alle «bbombe!!» del Processo. Altri invece sostengono che sono bugie. Biscardi ci viene ancora in aiuto, quando fu portato in giudizio dall'Associazione Arbitri, il Tribunale lo assolse, credendo alle sue parole: «Il Processo non è un talk sportivo, ma un varietà la cui credibilità è molto bassa». Come la Politica, caro grande Aldo.
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articolo pubblicato il: 31/07/2015 ultima modifica: 11/08/2015

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