Chissà se il suo cuore avesse supplito al corpo rimasto ostinatamente immobile. Voleva dominare quelle membra ribelli che gli si sono rivoltate contro nel 1995, quel giorno in cui una caduta da cavallo lo ha convertito in un tetraplegico. Ironia della sorte per un uomo come Christopher Reeve, prestante e di bell'aspetto, al quale andava a pennello il ruolo di Superman che tanto successo ottenne ai botteghini dei cinema del mondo intero. L'attore è morto una domenica dello scorso ottobre, in conseguenza di un arresto cardiaco che lo aveva introdotto nell'oscuro mondo del coma il sabato precedente. Un cuore saggio, che si era alleato con tutta la forza della sua volontà per non lasciarsi rinchiudere nella sua disgrazia. Voleva vivere. E vivere nelle migliori condizioni in cui avesse potuto. Ma la realtà della vita era che si era fratturata la vertebra cervicale e danneggiata la spina dorsale. Un metro scarso di volo dalla sella del cavallo - tanta poca cosa a fronte dei suoi spettacolari voli da Superman! - lo ha fatto atterrare, brutalmente per sempre, in una sedia a rotelle.
Qualcosa di simile alla caduta da cavallo di San Paolo. Il corpo si è negato a rispondere, lo ha sottoposto ad una tremenda tortura, ma gli sono aperti gli occhi all'essenziale della vita. Non poteva conformarsi alla caduta! Ed ha lavorato. Ha lavorato con il suo proprio corpo, spingendolo innanzi, insieme ai mezzi tecnici, medici, della perseveranza umana, dell'appoggio di quanti gli volevano bene. Ha lavorato con la sua volontà perché non gli si paralizzasse l'animo, con la voglia di esere, primo di tutto, una persona con capacità di amare, di scegliere, di impegnare la propria vita in qualcosa. Lo ha fatto lottando affinché si ricercasse di più sulle malattie neurologiche, in particolare il morbo di Parkinson e l'Alzheimer. La destinazione di gran parte dei suoi averi.
Il cuore ha lavorato all'eccesso, supplendo a tutto il suo corpo. A 52 anni non ha più potuto e si è spento. Ma ci giunge l'eco del suo battito, rimbombando per il villaggio globale. Il Superman del cinema si era convertuto in un superuomo della vita. Ci dice che vivere non è questione di illusioni, di colpi finanziari o televisivi, mostrando l'inimmaginabile in pubblico. Che la bellezza, in verità, sta dentro - il volto dell'uomo attraente si era trasformato in quello di una maschera - nella capacità di amare se stesso, l'umanità, il mondo... nonostante il corpo si agitasse nell'intento di schiavizzare l'anima. Il suo ricordo, l'eco di questo cuore che ha lottato in un corpo morto, non deve passare invano. Può illuminare ragionamenti, opinioni più o meno fondate che si ritrovano in questi giorni sui mezzi di comunicazione intorno all'eutanasia. Bisogna combattere il male, il dolore, con tutte le armi di cui disponiamo e scoprire quelle che ancora non conosciamo. Questo è essere uomini, quantunque a volte sia necessario essere un poco superuomini. La natura umana decide, per legge propria, quando deve riposare. E si spegne da sola. Per il resto, ci lascia nel mistero della vita e della morte.