da ITALIA OGGI
Ho vissuto, in diretta, il triplice capolavoro tattico di Matteo Renzi per far eleggere Sergio Mattarella. Ha "sedato" la minoranza Pd, "trombato" Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, "ridicolizzato" Beppe Grillo e Matteo Salvini. Dopo aver studiato, per circa un anno, i due "nazareni" sotto diversi punti di vista, attendevo questo momento di rottura, finto seppur programmato, per chiudere l'analisi.
Berlusconi è ormai un uomo frastornato dalla vita, psicologicamente sottomesso a tutti: a) in politica, a Renzi; b) nel calcio, all'imbarazzante duo Adriano Galliani-Barbara; c) per la roba, a Fedele Confalonieri (checché ne dicano, il valore dell'ex impero pare in diminuzione, si avvicina il momento che a Torino chiamiamo "Gabbai": "Oplà, vendo tutto e mi ritiro").
Provo simpatia per quei politici, quegli intellettuali che spendono migliaia di parole e di scritti per dimostrare la loro genialata suprema: il Nazareno. A me tutto pare più banale: il vecchio non sa più dove andare, ed è totalmente dipendente dal giovane, fa cosa l'altro gli dice di fare. Il giovane è convinto di saper dove andare, ma non si è accorto che il suo "schema" è vecchio, difensivo, concepito per guadagnar tempo. Dicono di correre, certo, ma su un tapis roulant (Technogym, of course).
Questo il profilo psicologico di entrambi, l'ho fatto con banali tecniche manageriali.
Berlusconi ha dato il meglio di sé per 30 anni, fino al '94, col capolavoro di creare, in un paio di mesi, un partito politico in grado di vincere le elezioni. Non essendo mai stato un imprenditore, ma un impresario (copyright di Carlo De Benedetti) ha imparato rapidamente, e bene, il mestiere del politico (un imprenditore o un manager, se autentici, in politica non possono emergere; come ovvio vale il viceversa). È miseramente crollato quando all'età canonica ha dovuto prendere la decisione della vita, che compete a ogni leader, cioè definire una sua exit strategy: dal sesso, dal denaro, dal potere.
Nel sesso, Berlusconi è stato un disastro, gli ha dato una dimensione numerica, alla DSK per intenderci, che non ha. È il luogo (paradisiaco) della leggerezza, dove si passa dallo stato solido a quello liquido, e viceversa, senza accorgersene. Non ha avuto la fortuna, che ho avuto io, di abbeverarsi all'infinita saggezza erotica di Enzo Ferrari, genio del processo di decadimento di un uomo o di un auto di F1 (a volte, sono la stessa cosa): quando si smette di sfrecciare sui circuiti, si deve sfilare nei raduni delle auto d'epoca.
Nel denaro Berlusconi paga il prezzo delle sue complicazioni, più nella vita hai fatto puttanate più sei ricattabile, da tutti, soprattutto da te stesso. Se non sei capace di liberarti del denaro per tua scelta, quando puoi ancora disporne, sei destinato al fallimento.
Del potere non ha capito le logiche spietate che lo governano. Ha pensato che, essendo stato così difficile e faticoso salire sulla punta dell'albero, dovesse fare lo stesso percorso pure per scendere, resistendo a oltranza, abbarbicato ai rami. Se ti comporti così significa che non sei un leader, i leader dall'albero si buttano, si feriscono, poi iniziano un'altra vita.
Che dire di Renzi? Per giudicare una persona sconosciuta osservo: a) cosa e come legge; b) come parla e cosa dice; c) come e cosa scrive; d) quali sono i suoi comportamenti organizzativi. Ciò che fa un medico: raccoglie l'anamnesi fisiologica del paziente, quella famigliare, quella patologica (sia prossima, che remota), quindi stila la diagnosi. Lo stesso fa un magistrato. Così un buon manager, per valutare collaboratori, sindacalisti, fornitori, concorrenti. Per me l'anamnesi di Renzi è questa: «Legge per hashtag, parla per slogan, scrive per tweet, ciò non può che produrre comportamenti di ejaculatio praecox (nulla di sessuale sia chiaro, è riferito alla sua velocità di pensiero e di azione, rapportati alla profondità)».
Non conosco personalmente Matteo Renzi, non posso mettermi nei suoi panni: mi dicono sia volpino, quindi un grandissimo politico, io mi considero un eccellente coniglio impolitico. Ma da studioso di comportamenti organizzativi e di strategie aziendali, al suo posto non avrei dubbi: andrei a nuove elezioni (Mattarella permettendolo), per vincerle. Il tempo passa, da «ultima chance del Paese», sta diventando «parla tanto, combina poco», meglio non rischiare la terza locuzione, già pronta (sgradevole, nella sua secchezza). Costretto da Mattarella a muoversi diversamente, immagino che un Renzi così volpino ce lo terremo a lungo, perseguirà in modo più fantasioso (solo nella forma e nelle chiacchiere) la politica dei suoi predecessori Mario Monti e Enrico Letta: «Impoverire la classe media, sedare quella povera».
Facciamocene una ragione e cerchiamo di star sereni.
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articolo pubblicato il: 04/02/2015 ultima modifica: 16/02/2015