Il temibile binomio paese islamico - bomba atomica fa tremare le gambe al mondo intero e mostra, ancora una volta, la preoccupazione dell'occidente per le complesse dinamiche economico-politiche che indirizzano il comportamento degli stati medio-orientali.
Mettiamo rapidamente in ordine i fatti: l'Iran ha bisogno di uranio arricchito; ne ha bisogno per alimentare la centrale nucleare di Bushehr, sul golfo, che sta per essere ultimata; la Russia ha collaborato attivamente alla costruzione dell'impianto e riceverà numerosi benefici dal successo di questa collaborazione; l'Unione europea (Francia, Germania e Gran Bretagna in testa) non vede di buon occhio il possesso di materiale radioattivo da parte di un paese difficilmente controllabile e minaccia pesanti sanzioni; Teheran ribadisce con fermezza il diritto sovrano di sviluppare il ciclo completo di alimentazione nucleare sul proprio territorio e riapre le aziende di arricchimento dopo una sospensione durata oltre due anni; Cina e Stati Uniti si uniscono al pressante invito europeo, aprendo una crisi internazionale dall'esito imprevedibile; la Russia, pur di non perdere le sue strette relazioni commerciali e diplomatiche con l'Iran e la
credibilità che sta lentamente guadagnando all'interno del gabinetto europeo, decide, quindi, di guidare i negoziati con la delegazione medio-orientale.
I colloqui, avvenuti nei giorni scorsi a Mosca, avrebbero dovuto risolvere la situazione e scongiurare definitivamente il pericolo atomico ma così non è stato. La Russia, in una posizione privilegiata per quanto riguarda i rapporti diplomatici, ha proposto alla delegazione iraniana di lasciar arricchire l'uranio necessario per scopi esclusivamente energetici in territorio sovietico; questa offerta rappresentava l'ultima spiaggia percorribile prima dell'eventuale approdo della controversia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma la delegazione, pur ritenendo la proposta interessante e "generosa", ha rifiutato di scendere a patti, ribadendo il diritto di proseguire la propria attività nucleare.
Mentre la delegazione tornava in patria al termine della fugace e inconcludente discussione, il ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki, in visita a Bruxelles, oltre a ribadire l'ormai chiara linea del proprio paese, si lasciava andare a esclamazioni fuori luogo riguardanti la libertà d'espressione in occidente, prima esaltata e apparentemente concessa, poi duramente negata, come è avvenuto, secondo il ministro, nel caso dello scrittore David Irving (condannato a tre anni di carcere per aver negato l'olocausto ndr).
Il nodo verrà quindi sciolto solo dopo il 6 marzo, giorno in cui Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera della Ue, ha chiesto all'agenzia Onu per il nucleare di riferire direttamente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La situazione rimane comunque preoccupante anche perché sono presenti all'interno di questo intreccio di interessi tutte le problematiche necessarie per far scaturire non solo un conflitto tra stati sovrani, ma un conflitto tra popoli. La lotta per l'energia, unita alla debolezza diplomatica dell'Europa, all'interessamento di Russia, Stati Uniti e Cina, e allo scontro tra religioni e culture differenti, in un momento storico in cui la tolleranza e il rispetto dell'altro sembrano progressivamente affievolirsi, potrebbe far esplodere uno scontro disastroso, potenzialmente incontrollabile e ulteriormente inasprito da "vignette", "magliette" e religiosi integralisti che travisano i messaggi di fratellanza comuni a tutti i culti della terra.