Era una guerra che non si doveva fare. Poi a cose avvenute si doveva comunque appoggiare chi combatteva per la libertà di quel paese. La partecipazione pacifica dell'esercito italiano è stato l'aspetto nobile di questa guerra. Con un numero altissimo di vittime, da una parte e dall'altra, si è faticosamente giunti a dare all'Iraq una parvenza di gestione democratica del potere. Costituzione, elezioni, formazione di un governo. Attentati quotidiani hanno accompagnato questo difficile percorso. Sembrava che lentamente le cose prendessero la strada della normalità ma improvvisamente una fiammata d'odio e di morte ha messo nuovamente le etnie una contro l'altra. L'attentato in cui e' stata distrutta alcuni giorni fa la cupola d'oro di uno dei maggiori santuari sciiti dell'Iraq, la moschea di Askariya a Samara, ha scatenato scontri violentissimi tanto da ipotizzare che ci si trovi ad un passo dalla guerra civile. Attentato gravissimo e provocatorio cercato ad arte
da chi non vuole la stabilizzazione di quel paese. Ormai gli scontri non si contano più. In una sola notte, nonostante il coprifuoco, sono state barbaramente uccise 80 persone. Ormai non vi è più freno. Per questo non ritengo più opportuna la presenza dei militari italiani in Iraq. Nonostante i nostri sforzi di partecipare alla ricostruzione ed alla normalizzazione si rischia di far trovare i nostri soldati al centro di una quasi inevitabile guerra civile. Non ce lo meritiamo e soprattutto non dobbiamo permettere che i nostri ragazzi si trovino in situazioni non più controllabili. Dovremmo lasciare definitivamente l'Iraq entro il 2006, data annunciata dal nostro governo all'inizio dell'anno, quando la situazione era relativamente sotto controllo. Considerando il precipitare degli eventi crediamo opportuno che il governo faccia un'azione che sarebbe ben vista da tutti. Perciò via subito dall'Iraq, rientro immediato dei nostri soldati. La fine del 2006 è troppo lontana e sarebbe
imperdonabile se in questi mesi accadesse l'irreparabile.