Valentino Orfeo torna ad un suo vecchio amore: Dostoevskij ed in particolare il Dostoevskij di "Memorie del sottosuolo".
Orfeo ripropone a Roma, nel suo Teatro dell'Orologio, lo spettacolo "Il sottosuolo" a seguito del grande successo che ha riscosso in Russia al Festival di Omsk.
Tutta l'opera di Dostoevkij si può ricondurre alla personalità umana, soccombente o vittoriosa, ma sempre idoleggiata con la medesima amorosa trepidazione.
A quarantatre anni, sono le "Memorie del sottosuolo" (1864) che gli aprono d'un tratto la strada ai grandi romanzi successivi.
Il protagonista del "Sottosuolo" sembra riscoprire lui, in un'esasperata alternativa di impeti sinceri e di smorfie istrioniche, che la volontà è libera, libera anche dal di perseguire il proprio svantaggio e la propria distruzione, che la felicità preordinata e razionale - quella che Dostoevskij aveva preconizzato da giovane sull'esempio di Fourier - è peggio di ogni infelicità, in quanto presuppone che la volontà non sia libera; che il rancore umano contro la finta e meschina razionalità dell'azione utilitaria induce a provare, assaporandola, perfino la voluttà del dolore.
Sono confessioni vere e false ad un tempo, : certo, all'abiezione si accompagna di continuo la coscienza dell'abiezione; ma, d'altra parte, autodenigrarsi è un piacere vizioso, che non libera mai interamante dai rimorsi. Per redimere un mondo così squallido, per dare un senso e una nobiltà a una riaffermazione del libero arbitrio che comincia col coonestare delle bassezze, ci vorrebbe una fede; infatti da ogni pagina delle "Memorie del sottosuolo" traspare questa aspirazione inespressa, questa inderogabile seppure inappagata esigenza.
Leone Ginzburg
Teatro dell'Orologio - Sala Orfeo
dal 22 ottobre all' 8 novembre
"Il sottosuolo"
di F. Dostoevskij
libero adattamento di V. Orfeo
articolo pubblicato il: 28/10/2009