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il gioco e il dramma

"Rigoletto" al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto

di Carla Santini

I cambiamenti apportati alla nostra vita dalla pandemia di covid- 19 si vedono ovunque. Ogni impegno da rispettare, ogni momento da vivere è ingabbiato dalle norme, in un abbraccio soffocante, quasi mortale. Chi ama il teatro e vince il timore di entrare in un luogo chiuso viene subito, anche lì, costretto a ricordare la situazione difficile, un continuo “memento homo,…”. Per fortuna, nel mondo degli artisti, non mancano la creatività e la capacità di far brillare la scena e la messinscena.

Negli spettacoli del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto di questa stagione si son visti Pericca e Varrone scambiarsi baci attraverso una lastra di plexigas, nell’usa e getta compulsivo di guanti in questo intermezzo come ne “La serva padrona”, ma gli espedienti messi in atto nel nuovo allestimento di “Rigoletto” dalla regista Maria Rosaria Omaggio sono stati veramente geniali. La scelta registica ha impedito che lo spettacolo clou della stagione potesse essere ridotto e monco in molte sue parti.

La scelta tecnica è stata quella di ricoprire il golfo mistico, ampliando così il palcoscenico, perché dovendo rispettare il distanziamento, la grande orchestra prevista dallo spartito verdiano, ha dovuto occupare con gli archi tutto lo spazio antistante della scena, indietro a sinistra le percussioni e gli ottoni ed i legni indietro a destra, ovviamente poco visibili dalla platea.

A vista, probabilmente per l prima volta dalla costruzione del “Teatro Nuovo – Giancarlo Menotti” tutto il retro delle scene, ciò che normalmente non è visibile al pubblico, come la porticina sul fondo da cui entra al lavoro tutto il personale tecnico.

Già negli anni Sessanta del secolo scorso alcuni registi iniziarono ad innovare, con scandalo e sconcerto di tanti, le opere liriche; era un modo di rivitalizzare un tipo di spettacolo che in quegli anni perdeva il carattere popolare per diventare spettacolo elitario. Per dirlo in spiccioli, fino ad allora la gente andava all’opera, riempiendo tutti gli ordini di posto, dai loggioni, vero termometro per determinare il successo o il flop di uno spettacolo, alle poltronissime di platea per gustare cavatine e cabalette, disinteressata a soprani che morivano di tisi nonostante pesassero magari più di cento chili o se il perfido basso era un gran bel ragazzo molto più alto della media, perché, così si diceva, che la lunghezza delle corde vocali influiva sulle note basse.

Oggi che tutto è diverso e che, purtroppo, l’opera è sempre più spettacolo di nicchia, i cantanti devono muoversi sul palco come attori di prosa. Per soddisfare le norme, la regista ha avuto la brillante idea di pensare ad una partita a scacchi; frugando nella vita di Giuseppe Verdi ha scoperto che il maestro, nei rari momenti di svago, amava cimentarsi in agguerrite partite a scacchi; considerando che Mantova, luogo dell’azione, non è distante da Marostica, conosciuta universalmente come sede di una annuale partita a scacchi con veri figuranti, ha unito questi spunti per immaginare la rappresentazione come una partita a scacchi. Una vera scacchiera ha visto muoversi i cantanti, dominata da un pannello che rifletteva perfettamente i movimenti eseguiti, secondo le mosse universalmente codificate, con il coro posizionato dietro al pannello. Sullo stesso pannello scorrevano dipinti di cortigiani dell’epoca e pezzi antichi degli scacchi.

La bravissima costumista, Clelia De Angelis, ha travestito tutti i personaggi in pezzi degli scacchi, ovviamente bianchi o neri a seconda del ruolo; bianca è Gilda e nero è il duca di Mantova, bianco è Rigoletto, nera è “la vil stirpe dannata” dei cortigiani. Il risultato è qualcosa di veramente nuovo e diverso e non secondo quell’idea di épater les bourgeois che anima alcuni registi lirici. Fantastico, solo fantastico si può definire il risultato. Una regia con relativi costumi che resterà nella storia del Teatro Lirico Sperimentale.

Come è tradizione i ruoli principali sono affidati a più interpreti, per dare modo ai cantanti vincitori del concorso di poter debuttare. Nicola Di Filippo, Pablo Karaman e Giacomo Leone per il Duca di Mantova; Luca Bruno, Luca Simonetti ed Alan Starovoitov per Rigoletto; Zuzana Jeřábková, Vittoria Magnarello e Yulia Merkudinova per Gilda; Giordano Farina e Ferruccio Finetti per Sparafucile ed il Conte di Monterone; Dyana Bovolo, Silvia Alice Gianolla e Magdalena Urbanowicz per Maddalena; Chiara Boccadella per Giovanna e la contessa di Ceprano; Alfred Ciavarrella per Marullo; Andrea Vincenti per Borsa Matteo; Alberto Crapanzano per il Conte di Ceprano; Amedeo Testerini per l’usciere di corte; Klara Luznik per il paggio della Duchessa; Lucia Cittadoni per la Duchessa di Mantova; Diletta Masetti per la Figlia di Monterone; Giorgia Teodoro per la madre di Gilda. Maestro Direttore Marco Boemi, Regia Maria Rosaria Omaggio, Costumi Clelia De Angelis, Maestro del Coro Mauro Presazzi, video Mino La Franca, luci Eva Bruno, Orchestra, Coro e tecnici del TLS. Consulenti, a titolo amichevole, Massimiliano De Angelis, presidente dell’Associazione Scacchisti Italiani, Paolo Andreozzi e Roberto Cassano, istruttori nazionali della Federazione Scacchistica Italiana.

articolo pubblicato il: 17/09/2020 ultima modifica: 25/09/2020

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