torna a "LaFolla.it" torna alla home page dell'archivio contattaci
cerca nell'archivio




ricerca avanzata


Google



contattaci

ingrandisci o rimpicciolisci il carattere del testo

speciale Figaro a Spoleto
Paolo Rossi stupisce ancora
di Carla Santini

“Il Barbiere di Siviglia” è una di quelle opere che, seppure viste e riviste, riescono sempre ad attrarre ed a catturare gli spettatori, vuoi perché la musica di Rossini è coinvolgente, vuoi perché tanto del “Barbiere” è entrato nel lessico quotidiano ed anche chi non è assiduo frequentatore di teatri usa correttamente le parole ed intona le arie più conosciute a proposito.

“Il Barbiere di Siviglia” ha concluso la 73° stagione del Teatro Lirico Sperimentale “A. Belli” di Spoleto. È stata certamente una scelta importante data la popolarità di cui quest’opera gode e un altresì importante banco di prova per cantanti, musicisti e maestranze.

Una grande curiosità ha accompagnato il debutto nel nuovo allestimento affidato a Paolo Rossi, geniale e provocatorio regista, ma anche versatile uomo di spettacolo. Lo spettacolo ha avuto un grande successo; da una parte la gagliarda musica di Rossini, dall’altra la bravura dei cantanti e dell’orchestra e la ricerca non banale di spunti di riflessione sulle precarie condizioni in cui versa il teatro italiano, in particolare quello dell’opera.

La commistione fra tradizione e modernità è risultata armonizzata fra le parti; i cantanti hanno potuto esprimere appieno le loro capacità tecniche ed interpretative. Ben calati nei personaggi ne hanno saputo ben evidenziare i tratti caratteristici. Non hanno mancato, tuttavia, di suscitare reazioni contrastanti alcune soluzioni, come la scelta di far travestire Lindoro da ballerina di fila o Don Basilio che si presenta in scena truccato come il Don Matteo televisivo, così amato dagli spoletini. Geniale la presenza continua sul palco del mimo, una sorta di marionetta mossa da fili invisibili.

Ma, nel complesso, la provocazione è risultata funzionale al personale taglio interpretativo scelto dal regista, per il quale i limiti dell’azione, del tempo e dello spazio scompaiono davanti alla complessità della vita e ne diventano elementi fondamentali per una qualsiasi ricerca esistenziale.

Il lavoro di squadra portato avanti con la solita dedizione, segno distintivo della tradizione del Lirico Sperimentale, dai cantanti, dall’orchestra, dal coro, dalle maestranze tutte ha contribuito al successo della rappresentazione sottolineato dagli applausi scroscianti.

Come tradizione, nelle varie rappresentazioni si alternano nei ruoli principali diversi cantanti vincitori dei concorsi del TLS. Figaro è stato interpretato da Paolo Ciavarelli e Alfred Ciavarrella, il Conte d’Almaviva da Gianluca Bocchino, Milos Bulajić ed Alejandro Escobar, Don Bartolo da Ferruccio Finetti e Luca Simonetti, Rosina da Noemi Umani e Susanna Wolff, Don Basilio da Antonio Albore e Giordano Farina, Berta da Myriam Marcone e Tosca Rousseau. Maurizio Cascianelli, al contrario, ricopre due parti, quella di Fiorello e quella dell’ufficiale. Ambrogio è interpretato da Ivano Granci ed il notaio da Giuseppe Giacinti. L’espressivo mimo è Jacopo Spampanato.

Ottime l’orchestra diretta dal Maestro Salvatore Percacciolo e la regia di Paolo Rossi coadiuvato da Emanuele Dell’Aquila e Lisa Nava; ottimi il coro guidato da Mauro Presazzi, le scene di Andrea Stanisci e le luci di Eva Bruno. Una menzione particolare va alla costumista Clelia De Angelis, presenza continua negli anni del Teatro Lirico Sperimentale. La De Angelis viene da una famiglia che per generazioni, probabilmente per due secoli, ha vestito gli spoletini con prodotti di qualità, e non solo gli spoletini. Nel suo lavoro porta quella particolare ricerca del tessuto e il gusto negli abbinamenti dei colori che gli vengono dalla lunga tradizione familiare.

La stagione prosegue in altri teatri dell’Umbria.

articolo pubblicato il: 22/09/2019

Commenta Manda quest'articolo ad un amico Versione
stampabile
Torna a LaFolla.it