"Gli accordi dell'ultimo G7 sugli argomenti che si dibattono sottovoce, primo fra tutti i cambi, stanno sortendo gli effetti voluti: il dollaro si apprezza su tutte le altre principali valute mondiali. L'economia americana sembra in discreta salute, ma non in grado di fungere da volano per il resto del mondo, in special modo per la vecchia Europa che si dibatte tra diverse crisi ed è giunta al punto di mettere in discussione la libera circolazione. Il dollaro si sta apprezzando sulle aspettative di un incremento dei tassi, i guru che si sforzano di interpretare le "uscite" della Yellen pensano che i tempi siano maturi per un incremento dei tassi in linea con gli accordi presi segretamente all'ultimo G7."
Il bel quadretto che ci stava portando, con relativa tranquillità, all'appuntamento del 23 giugno o meglio per noi spettatori al giorno in cui sarà reso noto l'esito del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nella UE, è stato turbato dai dati sull'occupazione negli Stati Uniti d'America. Il dato, pur positivo, si è dimostrato al disotto delle aspettative degli analisti evidenziando un rallentamento dell'occupazione.
La reazione dei mercati è stata stranamente da manuale scolastico: "si allontana la possibilità di una stretta sui tassi ed il dollaro ritorna a deprezzarsi rispetto alle altre valute. Troppo facile: la storia ci ricorda che si possono concretizzare importanti "rischi" quando tutto appare troppo facile; qualcosa di imprevisto, non ipotizzabile al momento, che determinerà conseguenze molto gravi sta per vedere la luce e per essere universalmente percepito. Senza tornare ad Adamo ed Eva è sufficiente ritornare al ricordo dell'euforia del 2000, con un ottobre scoppiettante, con l'economia spinta dalla bolla del settore tecnologico che ha poi portato, dopo l'11 settembre, ad una pesante crisi economica. L'11 settembre fu il detonatore, ma la carica era stata creata ed innescata sovrastimando gli utili delle società tecnologiche basandosi sui dati riguardanti la dimensione dei servizi richiesti dalla clientela; dati forniti dalle società stesse e poi risultati gonfiati.
Un altro esempio lo abbiamo avuto nell'ottobre del 2007 dopo un altro periodo di euforia dei mercati: dopo aver festeggiato la ripresa economica e dopo aver accarezzato il sogno di una perpetua tranquillità, siamo stati svegliati dall'esplosione della bolla dei "mutui spazzatura" che ha innescato una delle più grandi crisi economiche dell'era moderna.
Il risultato del voto Inglese sulla permanenza nell'UE potrebbe essere un nuovo detonatore. Oggi non si intravedono segnali che possano svelarci i "toni" del quadro futuro, ma l'esperienza degli "osservatori attenti" dovrebbe indurre a pensare che mai come ora la prudenza è d'obbligo. Sicuramente agli osservatori attenti non deve essere sfuggito il segnale che i "mercati" hanno dato il 22 gennaio ed il 12 febbraio del 2016 con due crolli immotivati. In realtà nulla mai succede immotivatamente: è quindi ragionevole pensare che la motivazione ci è sconosciuta, come a suo tempo erano sconosciute la bolla "tecnologica" e quella dei "mutui sub-prime"
Vorrei tanto pensare di essere in errore e poter dormire tranquillo...
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articolo pubblicato il: 09/06/2016 ultima modifica: 19/06/2016