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opinioni e commenti
politica interna e internazionale
di Domenico Benedetti Valentini

Di proposito stavamo scrivendo queste righe quando ancora non si conosceva l’esito favorevole della complicata vicenda coinvolgente da un lato la giornalista italiana Cecilia Sala, incarcerata in Iran con la genericissima accusa di “violazione delle leggi della Repubblica Islamica”, dall’altra l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini arrestato alla Malpensa di Milano, con gli Stati Uniti chiedenti l’estradizione siccome accusato di esportazione illegale verso l’Iran di componenti elettronici con finalità di cospirazione terroristica. Benanche Teheran lo negasse, si arguiva una relazione tattica di trattative incrociate per ottenere il reciproco, condizionato rilascio dei due “ostaggi”, salvo triangolazioni con altri Paesi su ulteriori soggetti detenuti. Ovviamente ancora adesso non si conoscono nemmeno gli sviluppi concreti sia del tema “dazi commerciali” Usa-Europa e tanto meno quelli concernenti il conflitto russo-ucraino e l’ipotesi di forniture di satelliti e telecomunicazioni dalla SpaceX di Musk all’Italia. Va detto, comunque, allo stato attuale che la visita lampo di Giorgia Meloni alla residenza di Mar-a-Lago di Donald Trump con il concentrato di colloqui avuti prima del pronto rientro a Roma, appare come iniziativa intelligente, di cospicuo effetto formale e non trascurabili suscettività sostanziali. La premier italiana si impone come il primo capo di governo europeo che, dopo i già cordiali contatti occasionali, radica un dialogo diretto, amichevole e costruttivo, con il Presidente eletto della prima potenza mondiale. Tutti sono tenuti oggi ad interrogarsi se il Presidente del Consiglio italiano si sia posto nella posizione di principale collegamento tra l’Unione Europea e l’alleato d’oltre Atlantico (“quello che è dall’altro capo del telefono” scrivono i giornali americani “quando Trump ha necessità o intenzione di chiamare la sponda europea”). Non è poco davvero. Come fu di straordinario rilievo l’iniziativa di Berlusconi quando riunì sotto propria egida a Roma i capi degli USA e della Federazione Russa. La Meloni – che opportunamente non divulga le specifiche degli argomenti trattati con un Presidente che, secondo legge statunitense, non può ancora stringere accordi con Nazioni estere su alcun dossier – ha parlato in due riprese col Presidente e, non meno importante, con i principali esponenti della nuova Casa Bianca, compresi Waltz, il Segretario di Stato Marco Rubio, l’ambasciatore in Italia Fertitta e primari imprenditori. E già protagonisti della transition americana parlano, per esempio, di dazi selettivi per settori, nonché – su altro piano – di rinegoziazione dei rapporti all’interno della NATO e nuove consultazioni in progress sulla questione ucraina, tenuto presente che il governo italiano si è molto esposto sugli aiuti in armi ed ancor più in solidarietà politiche. Tutto, dopo il cambio della guardia a Washington, è in evoluzione; e Giorgia, come si conviene in politica internazionale, fa bene a prenderne atto e renderne tempestivo partecipe il nostro Paese. Ma c’è un aspetto che personalmente non sottovalutiamo: c’è stato subito un colloquio, diretto e intenso, con la madre di Cecilia Sala a Palazzo Chigi, nel quale le due donne (e madri) si sono intese perfettamente e ne è scaturito l’impegno del governo a dedicarsi toto corde alla causa della liberazione della giornalista. Ebbene, Meloni ha dimostrato, recandosi senza indugi a confidenziale trattazione, di ottemperare a questo delicato impegno che – andate, come si sperava, le cose per il meglio – si traduce in un successo umano e politico del governo e dell’Italia tutta. Questa è stata una condotta assolutamente lodevole, che pensiamo l’opinione pubblica apprezzi più di tante conferenze e propagande. Ogni velleità critica ne è risultata squalificata. Molto questi aspetti concorrono a consolidare l’immagine di un governo di centrodestra che già risulta, per riconoscimento internazionale, il più stabile in Occidente. Su queste premesse, la giovane presidente italiana potrà anche non recarsi a Washington, il 20 gennaio, per l’insediamento di Trump oppure andarci. Sul piano del linguaggio figurato che prevale in diplomazia, ci sono ottime ragioni per l’una o l’altra scelta. Quindi qualsiasi decisione sarà corretta e gestibile con la dinamica accortezza fin qui adottata.

D’altra parte è davvero esteso il campo del confronto interno sulle politiche nazionali, per distoglierne l’attenzione! Mentre viene varata una articolatissima Finanziaria, si prende atto purtroppo che subiscono uno slittamento l’agognata riduzione del prelievo fiscale complessivo e un altrettanto desiderato aumento sostanzioso delle pensioni sociali. Ma la riduzione delle imposte viene avviata su tutta la grande fascia del ceto medio pagante; vengono riversate molte risorse sulle famiglie con più figli e soggetti anziani o fragili a carico; il rafforzamento della nostra finanza è certificato e i titoli italiani crescono in quotazione, a tutto vantaggio dei risparmiatori; la riduzione dell’IRES incoraggia le imprese alle assunzioni e alla tecnologia; aumentano i beneficiari del “reddito di inclusione”; nel 2024 è stato dimezzato il numero delle immigrazioni irregolari…..La percezione sommatoria dell’azione di governo è pertanto positiva, come testimoniato dalle rilevazioni di consenso. E le connessioni tra vitalità della politica estera e di quella interna sono sempre lì, pronte a farsi sentire.

articolo pubblicato il: 13/01/2025 ultima modifica: 20/01/2025

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