torna a "LaFolla.it" torna alla home page dell'archivio contattaci
cerca nell'archivio




ricerca avanzata


Google



contattaci

ingrandisci o rimpicciolisci il carattere del testo

arte e mostre
"Il teatro italiano"

al Museo Fazzini di Assisi

di Michele De Luca

"I veri pittori dovrebbero divertirsi. Quelli che si strappano i capelli perché mancano di ispirazione mi fanno ridere". E' una illuminante dichiarazione, con cui ci introduce ad una lettura immediata della sua arte e della sua personalità, che l'artista romagnolo Franco Gentilini (Faenza 1909 - Roma 1981) fece nel 1975 a Franco Simongini nel corso dello storico programma della RAI "Come nasce un'opera d'arte". Di questo importante protagonista del Novecento italiano (che soleva affermare: "Non lavoro, sogno") ricorre quest'anno il centenario della nascita ed è il Museo Pericle Fazzini di Assisi il primo a ricordare l'anniversario con una bella mostra curata da Giuseppe Appella, allestita nelle sale del secentesco Palazzo del Capitano del Perdono a Santa Maria degli Angeli (catalogo De Luca Editori d'Arte). La mostra accoglie cinquanta opere (dipinti, disegni, collages, opere grafiche), oltre ad un dovizioso apparato di immagini e documenti, che ripercorrono, dal 1944 al 1980, ormai fuori da tutti i legami con la "Scuola Romana" e da ogni confronto con i maestri del Novecento, la formazione di un linguaggio personalissimo, attento alle avanguardie europee che da Ensor e Van Gogh pervengono a Picasso e Gris, senza mai perdere l'originale ritmo italiano della fantasia.

Una delle prime intuizioni di Gentilini, dai tempi del trasferimento a Roma (dove approdò definitivamente nel 1932 dopo avervi trascorso alcune intensissime settimane tre anni prima), è la misteriosa componente architettonica del paesaggio italiano, subito adattata al suo racconto senza tradire due amori giovanili: l'antico e il popolare insiti in tutto ciò che ci circonda. Su questa fortunata innovazione poetica, Gentilini innesterà oggetti e figure solo apparentemente abbandonati nello spazio, perché, invece, un sottile filo - l'architettura sotterranea - li allaccia in una ragnatela di rapporti senza palesare la magica sospensione che li tiene insieme.

Già da questo prima occasione le immagini mostrano i tratti di una scoperta che, spenti gli effetti del Futurismo e della Metafisica, abbandonate le chimere dell'Arcaismo, costringe a scegliere mezzi nuovi, a fare del disegno l'elemento più idoneo per superare i due termini, astratto e figurativo, rendendo astratta la realtà delle sue fiabe. Ecco perché usa metriche nuove, che gli permettono di "scendere in profondità, alle sorgenti di un valore figurativo libero". Per cui diventa allora indispensabile per lui la ricerca di amici poeti con cui confrontarsi (Libero De Libero, Leonardo Sinisgalli, Raffaele Carrieri e Alfonso Gatto, certamente i più vicini e sensibili all'arte), e il misurarsi con le problematiche formali del Cubismo e quelle sentimentali e morali dell'Espressionismo, per coniugare con inesplorati linguaggi, nuove suggestioni estetiche e vocazioni fantastiche il suo "fondo" genuinamente realistico.

Il meccanismo espressivo di Gentilini, come fa notare Appella, è per la chiarezza solare, perciò il pittore faentino è portato ad esplorare le cose anche a livello esistenziale, nel loro flusso temporale. Ogni riferimento culturale è spezzettato e riportato nella realtà quotidiana, spogliato attraverso l'uso del collage che sperpera i ricordi rendendo inedito l'usuale. Ecco che allora curiosità, predilizioni, scoperte, tentazioni sono tracciate, con una abilità allegra, da un segno che non forza mai le sue intuizioni pur indagandole lungamente e minuziosamente nelle sue espressioni: cartoline d'Italia, bengodi, luna park, giardino incantato, memorie d'infanzia, amici poeti e pittori dai lunghi sodalizi, segni di antiche mappe, episodi autobiografici, teatrini, banchetti, cattedrali. La ragnatela sotterranea della poesia rende possibile ciò che Ungaretti chiamava "teatro italiano", de Mandriargues "teatro dell'esistenza" e Sinisgalli "un mondo in vacanza o in amore, di piaceri infantili e semplici, un mondo che non vorrebbe morire o pensa che non morirà mai".

Quella di Gentilini è una pittura malinconica e allegra insieme. I suoi quadri, situati tra sogno e realtà, rimangono un enigma che resta sempre da svelare; come ebbe a scrivere quarant'ammi fa' sul "Messaggero" Gino Visentini, "Il mondo singolare di Gentilini è solo apparentemente semplice, in realtà è dedotto da suggerimenti mnemonici e sospeso tra una psicologia ingenua e riferimenti culturali moderni e insieme arcaici". Mentre Lorenza Trucchi, nel catalogo della grande retrospettiva dedicata al maestro a cinque anni dalla morte nella cornice del cinquecentesco Palazzo Venezia a Roma, faceva rimarcare nella grazia dell'arte gentiliniana la costante presenza di "qualcosa di doloroso nella felicità, di oscuro nella chiarezza, di tetro nella ilarità".

Commenta Manda quest'articolo ad un amico Versione
stampabile
Torna a LaFolla.it