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speciale giornalismo e conflitti
percezioni americane sull'irak
di Norberto Gonzalez Gaitano

Da qualche mese sembra essere cominciata nella stampa nordamericana, ancora timidamente a dire il vero, la resa dei conti sull’inadempimento della conclamata funzione di sorveglianza critica del governo durante i preparativi della seconda guerra in Iraq. Non è il caso di esaminarne ora i motivi, voglio piuttosto constatare l’effetto dell’ignoranza, sicuramente non colpevole, o per lo meno della percezione erronea dell’opinione pubblica nordamericana su alcuni fatti essenziali riguardanti le motivazioni della guerra e le vedute dell’opinione pubblica mondiale.

Il Programma di monitoraggio degli atteggiamenti dei nordamericani in merito alla politica estera , programma congiunto del Center for Policy Attitudes e del Center for International and Security Studies dell’Università del Maryland e dell’istituto di sondaggi Knowledge Research di Menlo Park, California, offriva questi dati relativi al giugno del 2003, tre mesi dopo la “dichiarazione ufficiale della fine della guerra” annunciata da Bush in una solenne parata su una portaerei dell’Armata navale nel Golfo.

Alla domanda: “Lei pensa che l’Amministrazione Bush abbia significato o meno che l’Iraq di Saddam Hussein fosse implicato negli attacchi dell’11 settembre?”, un significativo 71% rispose di sì. Va però sottolineato che, ciononostante, solo un 25% del campione era convinto del coinvolgimento diretto di Saddam negli attacchi.

Al contempo, un 52% pensava, erroneamente, che gli Stati Uniti avessero incontrato prove in Iraq della connessione fra Saddam e Al Qaeda. Inoltre, un 23% era anche convinto che le truppe nordamericane avessero trovato le famigerate armi di distruzione di massa, anche se un 11% in meno rispetto ad un mese prima.

In un altro sondaggio precedente -questa volta l’argomento dell’inchiesta concerneva le percezioni degli americani su come fosse vista la guerra dal resto del pianeta- si osservano nuovamente errori di percezione: un 31 % era convinto che la maggioranza del mondo condividesse le ragioni degli Stati Uniti per l’entrata in guerra, un 35% credeva che tali ragioni non fossero condivise e un 31% riteneva che l’opinione pubblica mondiale fosse divisa a metà sull’appoggio o meno agli Stati Uniti. Vale a dire che il 66% aveva una conoscenza errata in merito al sostegno internazionale alle ragioni della guerra del governo di Bush.

Colpevolizzare la stampa nordamericana di queste percezioni erronee sarebbe semplicistico, sebbene non del tutto sbagliato. Ma sicuramente è più giusto parlare di un effetto congiunto di fattori complementari: l’azione propagandistica del governo repubblicano nel presentare le proprie motivazioni a favore della guerra, il lavoro degli spin doctors o agenda setters -a seconda della vis polemica- e soprattutto e senza dubbio lo stesso popolo nordamericano, fortemente traumatizzato dall’impatto reale e psicologico dei terribili attentati dell’11 settembre 2001. La stampa non è sfuggita all’azione d’insieme di tutti e tre questi fattori.

È ben noto nella scienza dell’opinione pubblica l’effetto looking glass perception , riscontrabile in particolar modo in situazioni sociali di forte contesa tra due gruppi o schieramenti sociali attorno ad una questione profondamente conflittuale.

Negli Stati Uniti, le file si sono serrate come per istinto; negli altri paesi la questione non è ancora divenuta cruciale e perciò gli schieramenti in favore o contro la guerra hanno potuto sentire la voce e le ragioni degli opponenti.

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