La vita politica italiana offre sempre delle sorprese tanto che agli osservatori stranieri specializzati saltano tutti gli "strumenti" per cercare di capirla, per cui, a volte, si rifugiano in stereotipati o sprezzanti giudizi.
Bisogna capirli perchè anche per noi diretti interessati spesso i conti non tornano. Mettiamo il caso (o i casi) dei due partiti che si contendono la maggioranza degli elettori. Il PD, che è uscito sconfitto dalle elezioni dell'aprile scorso, ha fatto dopo un po' - forse tardi - i conti con la sua dirigenza, levandosi di torno il suo leader. Veltroni è stato sostituito dal suo vice dall'assemblea costituente del neopartito che ha visto la partecipazione, questa volta, di neppure la metà degli aventi diritto. Franceschini, il quale proviene dal settore ex dc, si sta dando da fare e spera di rimontare - tra quattro anni - l'enorme distanza che lo divide dall'avversario. E' un suo diritto. Ma quel che genera molte sorprese è quel che sta avvenendo nel campo dei vincitori: in attesa o meglio alla vigilia del congresso che dovrà unificare nel PDL le componenti di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, tutto appare quanto meno confuso.
In effetti non è facile ed è complicato unificare due partiti così diversi nelle loro strutture di base: Forza Italia è in sostanza un movimento di opinione che ha un'organizzazione talmente snella che è addirittura quasi invisibile; AN, invece, è strutturata e organizzata nel territorio da tanti anni con personale politico esperto ed arrembante. E poi le provenienze storiche di entrambi i settori sono molto diverse. Si potrebbero spiegare così - ma fino ad un certo punto - i forti attriti ancora in atto tra Fini e Berlusconi su alcuni importanti aspetti della vicenda politica di questi anni. L'atteggiamento del leader di AN, giusticandolo per la sua carica di presidente della Camera, è apparso a molti incomprensibile. E' invece molto chiaro che con l'approssimarsi del 27 marzo (la data del congresso) il suo partito vuol farsi valere in sede di unificazione.
Berlusconi - sempre ribollente di idee, soprattutto quando vede che qualcuno vorrebbe oscurarlo - reagisce con determinazione anche sulle pressioni delle opposizioni che giudicano almeno insufficienti gli interventi governativi per affrontare la grave crisi economica di questi mesi. Il presidente del Consiglio vorrebbe far presto, ma - afferma - le lungaggini delle discussioni in parlamento, i regolamenti interni delle due Camere e gli stop ricevuti sui Decreti, impediscono un'azione veloce e perciò più incisiva o facilmente più riconoscibile. Ha certamente ragione da vendere, ma la sua bizzarra proposta di far votare solo i capigruppo della Camera e del Senato - giustamente respinta- ha reso il clima politico più incandescente. E i mille parlamentari - pur essendo punto rappresentativi, essendo stati "nominati" dai vertici dei partiti e non direttamente eletti dai cittadini - che ci stanno a fare? E con quello che costano alle casse dello Stato? Qualcuno, esagerando un po', ha detto che in tal modo, il Parlamento si trasformerebbe in una sorta d'assemblea di condominio dove votano in pochi gonfi di deleghe. Gli altri rimangono a casa. Il Cav dovrà trovare qualche altra soluzione un pochino diversa da quella di azzittire quasi tutti, della maggioranza e dell'opposizione. Un momento però: chi vuol parlare parli, ma che abbia almeno qualcosa di importante e giusto da dire.