Il Tonantins sfocia nel Solimões un
po' più a valle rispetto a un altro importante
affluente di sinistra, che in
Colombia si chiama Putumay e scorre per
l'ultimo tratto in terra amazzonica brasiliana
con il nome di Içá.
Sulla riva sinistra del Tonantins, alla fine
del Settecento, sorse la cittadina
di Vila Velha per accogliervi gli
indios di alcune tribù.
Agli inizi del Novecento vi
fu edificata la chiesa di São Francisco
das Chagas, e cinque anni
dopo, per l'ostinazione di un
cappuccino originario dell'Umbria,
una scuola che presto divenne
il "Colégio São Francisco".
L'insediamento crebbe di
importanza e nel 1918 i cappuccini
lo trasferirono su una collina
incastrata fra il Tonantins
e il Solimões, dandogli il nome
di Vila Nova de São Pedro de
Tonantins.
Nel 1945, per una frana provocata
dal Solimões, i frati abbandonarono
il nuovo centro e
arretrarono di mezzo chilometro
rispetto alla foce del Tonantins,
in posizione più sicura.
Abbiamo ricostruito la storia
dei luoghi per farne lo scenario
di un episodio gustoso: la
visita di Mário de Andrade alla
missione dei cappuccini di Tonantins
e l'incontro con due frati italiani.
Ne è rimasta traccia in una pagina del
grande intellettuale paulistano, quel documento
storico-etnografico uscito
postumo nel 2002 che porta il titolo di
"O Turista aprendiz".
Mário de Andrade è in viaggio verso
il Perù e la Bolivia. Viene da Manaus e
con alcuni amici sta risalendo il Solimões
su un battello a vapore, che attracca ad
ogni porto. È il 15 giugno del 1927.
Allo scalo di Tonantins il gruppo
sbarca per visitare la missione dei
cappuccini. Oltre alla chiesa c'è una
scuola con quaranta alunni e un ambulatorio
di profilassi antimalarica,
chiuso perché sfornito di risorse. Da una
parte c'è un orto con un frutteto.
Mentre il gruppo si avvicina alla
missione, un frate corpulento si fa avanti
e invita tutti a entrare per un caffè. È una
visita come tante, un po' cerimoniosa e
un po' noiosa, ma prenderà ben altra piega.
Fra' Diego, così si chiama il cappuccino,
fa accomodare gli ospiti, poi chiede
loro permesso e si allontana, lasciandoli
da soli nel salone dove c'è un pianoforte,
e sul pianoforte una catasta di spartiti.
Mário de Andrade va verso lo strumento
e fruga a casaccio nella catasta. Comincia
da un Tantum Ergo e da un Kirie manoscritti,
poi scarta uno spartito dopo l'altro
finché soddisfatto non trova "I Lombardi
alla prima crociata", il valzer di Musette e
una maxixe di Eduardo Souto.
Il gruppo si scatena, in attesa del
ritorno di fra' Diego. Alcuni cantano, altri
scelgono i pezzi da cantare.
Mário de Andrade strimpella. Salta
fuori di tutto, anche "Giovinezza", l'inno
dei fascisti italiani. Il gruppo lo intona
"caçoisticamente", e cioè a squarciagola,
stonando di proposito.
Fra' Diego torna dalla cucina, e
rumoroso come tutti gli italiani si unisce
al canto di "Giovinezza", mettendoci del
suo. Poi si esibisce da solo in un coro del
Nabucco non meglio precisato (certamente
"Va pensiero"), accompagnato al piano da
Mário de Andrade, che scriverà nel suo
diario: "Voz admirável".
Arriva il caffè italiano, e con il caffè,
rumorosamente, frate Antonino, l'altro religioso
della missione. "Tra gli
italiani tutto è rumoroso",
commenta Mário de Andrade.
Fra' Diego invita frate Antonino
a cantare. Lui non vorrebbe,
perché, si schermisce, la sua
è "voz de burro". E subito intona
"Santa Lucia", con piglio baritonale
da teatro all'aperto, sempre
con Mário de Andrade al
pianoforte.
La guida del gruppo, che è
di Belém, si rivolge ai frati e
commenta: "Vengono da San
Paolo".
Fra' Diego reagisce: "Allora
non sono brasiliani! I brasiliani
siamo noi, dell'Amazzonia!"
"E você", dice a Mário de
Andrade, "você tem pronúncia
própria de italiano".
Questi trasecola, decide di
assecondarlo e si presenta,
abusivamente, come figlio e
nipote di italiani.
"Fascista?", chiede fra' Diego.
"Antifascista", risponde de
Andrade.
Fra' Diego fa un salto di
gioia. Va a frugare nel fascio di
posta arrivata con il battello e tira fuori, sventolandola,
"La Squilla", il giornale dei
cappuccini di San Paolo.
Mário de Andrade, poco informato, scrive
che era un giornale antifascista.
In realtà non lo era, ma allora tra gli italiani
si diceva che chi veniva a San Paolo doveva
visitare la redazione della "Squilla", altrimenti
era come andare a Roma e non vedere il
Vaticano.
"Siamo abbonati alla Squilla e allo Estado
de São Paulo", spiega fra' Diego. Malizioso,
Mário de Andrade coglie un che di solenne e
rispettoso in quello "Estado" in bocca a un
cappuccino.
I turisti si congedano, i frati li abbracciano
con trasporto. Frate Antonino li accompagna
al molo.
La visita è finita, il battello si allontana
sul Solimões, la missione dei cappuccini di
Tonantins torna quella di prima, profonda
Amazzonia. Con i suoi frati rumorosi, il pianoforte
un po' scordato e la catasta di spartiti italiani.