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"Alla scoperta della sicilia nord occidentale"

3 puntata: Erice

di Sergio Gigliati

Proseguiamo il giro per la Sicilia nord occidentale alla scoperta di luoghi più o meno conosciuti e caratteristici: tappa odierna è lo splendido borgo di Erice. La cittadina, arroccata su una collina naturale nei pressi di Trapani, è a circa 38 chilometri dalla nostra base nel campeggio di El Bahira, 3 chilometri ad ovest di San Vito lo Capo, dove alloggiamo presso una casa mobile "Happy Camp".
La Capirinha di Roberto di ieri sera, la pasta con i ricci di mare ed il vino ghiacciato hanno avuto la meglio su di noi. La sveglia è stata penosa. Sono le 9.30 ed il sole è già alto nel cielo. Il caldo è torrido e ci salviamo solo per la presenza dell'aria condizionata nella nostra casa mobile. La vita di campeggio è già iniziata ed in lontananza arriva l'eco di un animatore che esorta a partecipare ad un improbabile gioco di gruppo nella piscina di acqua salata presente nella struttura. Imperterriti ci organizziamo con una rapida doccia ed una ancor più veloce colazione: Erice ci attende. Prendiamo la strada che da San Vito lo Capo ci porta in direzione Trapani costeggiando lo splendido golfo di Macari. Traversiamo i centri di Castelluzzo, Custonaci e ci immergiamo in un paesaggio collinare nell'entroterra. Il castello di Erice ci appare già in lontananza in tutto il suo passato splendore, arroccato sul costone a strapiombo del monte omonimo che lo ospita. L a strada provinciale Trapani-Erice si snoda in una moltitudine di tornanti fino ad un'altezza di oltre 750 metri s.l.m. Alla fine della salita si è praticamente obbligati a lasciare la propria auto in un posteggio a pagamento presso una delle porte che costellano l'antica cinta muraria cittadina.
Non facciamo in tempo a fermare l'auto che una solerte rappresentante della polizia locale ci invita a provvedere al più presto per il pagamento orario della sosta (peccato che il tachimetro non accetti che monete da 1 o 2 euro e non dia il resto; sarà un caso?).
La cittadina preserva pressoché intatto il suo aspetto medievale, come si può anche osservare percorrendo internamente le sue strade selciate
Le mura che proteggono il borgo sono lunghe circa 700m e sono state costruite, secondo la legenda, dai ciclopi. La parte grezza dei massi appena sbozzati che formano la base muraria risale all'VIII sec. a.C., ad opera degli Elimi, mentre il successivo strato ( in opus rectum) che forma l'accrescimento è sicuramente opera dei Cartaginesi che, nel VI sec. a.C., ne consolidarono l'aspetto fortificato che ancora oggi possiamo ammirare. Tra i 16 torrioni rimaneggiati tra il XII e il XV secolo, si aprono diverse porte : tra le più interessanti notiamo Porta Spada, Porta Carmine, Porta Trapani e Porta Castellammare. Entrando in città ci immergiamo in un'atmosfera d'altri tempi dove tutto riporta al fragore dei carri che nel medioevo solcavano le stradine nelle quali si aprono i cortili interni alle abitazioni nei quali si svolgeva gran parte della vita quotidiana. Le numerose chiese della cittadina (sedici) testimoniano a loro volta un propagarsi diffuso del Cristianesimo a scalzare la grande diffusione che nel Mediterraneo dovette avere il culto della dea ericina, testimonianza di un radicato paganesimo che persisteva nell'area. Tra tutte le chiese ricordiamo in particolare quella edificata da Federico III d'Aragona nel 1312 (la Chiesa Madre), quella di San Giovanni Battista arroccata su una rupe a strapiombo sulla costa nord-est, quella gotica di San Martino, con la sua pregevole facciata (recentemente restaurata) ed altre ancora.
Ma ancor prima dell'epoca del gotico-cristiano notizie sulla città ci pervengono da Tucidide, che ne attribuisce la fondazione ad esuli troiani: Furono quest'ultimi infatti a dar vita al popolo degli Elimi. Contesa dai Siracusani e Cartaginesi, la città venne definitivamente conquistata dai romani nel 244 a.C.
Citata nell'Eneide di Virgilio la città rivestì nell'antichità un ruolo predominante nel culto di riti religiosi: i romani vi venerarono la "dea ericina", prima dea nella mitologia capitolina ad avere assonanza con la più famosa Afrodite greca. Nell'831, con la dominazione araba, la città prese il nome di Gebel Hamed (Il monte di Hamed). Ma è nel successivo periodo di stabilità normanna che la cittadina, con l'apertura di alcune porte e la costruzione del castello prende l'aspetto che ancora oggi conserva. Il Castrum Montis Sancti Juliani è meglio conosciuto come Castello di Venere ed è stato edificato come fulcro di un sistema difensivo che comprendeva le Torri del Balio. Nell' '800 importanti interventi urbanistici portano alla costruzione di nuovi palazzi signorili ed alla ristrutturazione dell'area centrale (l'attuale Piazza Umberto I). Dal 1963 la cittadina è anche sede del "Centro di cultura scientifico Ettore Maiorana", la cui istituzione richiama gli studiosi più qualificati a livello mondiale nei vari settori scientifici.
Prima di partire dalla splendida cittadina facciamo una telefonata a Roberto, il titolare del chiostro/ristorante del campeggio dove alloggiamo per sincerarci di una cosa: ieri aveva promesso di farsi portare da un suo amico pescatore alcuni piccoli polipi che ci avrebbe fatto degustare la sera con una sua particolare ricetta. Tutto ok, i polpi ci sono e non aspettano che noi. A questo punto è ora di tornare alla base.
Roberto ci attende nel suo piccolo regno dove ci ha predisposto un tavolo per la cena al di là di ogni immaginazione: una cornice naturale in un'area riservata della struttura, con scogli che delimitano il tavolo e candele di varie dimensioni che ondeggiano alla lieve brezza che si è appena alzata. Piatti bianchi quadrangolari, con piccole piante di papiro sparse sulla tavola fanno da cornice a calici di vino bianco e pane di diversi tipi messo in piccole ciotole sul grande tavolo di giunchi nero. Poi arriva lui, .......il polpo (anzi i polpi). Il procedimento per la loro preparazione ci spiega Roberto è molto semplice: polpo, cipolla, sedano, aglio, limone, sale, pepe, olio extravergine del luogo. I polpi vanno ben puliti e sbattuti, appena pescati, su di uno scoglio alcuni minuti per ammorbidirli. Poi vanno messi in una pentola con acqua e pochissimo sale e va aggiunta una cipolla e mezzo gambo di sedano. La cottura va tenuta per almeno 30 minuti poi una volta spenta la fiamma i polpi devono essere lasciati in infuso nella propria acqua per altri 5 minuti. Successivamente vanno scolati, tagliati in piccoli pezzi e serviti con olio, succo di limone, sale, pepe, prezzemolo, aglio. Una prelibatezza, come il vino che scorre via freddo: alla fine del pasto saremo alla seconda bottiglia senza accorgercene (e siamo solo in due).
Roberto è insuperabile nei cocktail e nella cucina tipica e domani sarà la volta di un piatto di sarde a beccafico alla palermitana, come ci suggerisce mettendoci in una sorta di dolce aspettativa culinaria.
Nella prossima tappa andremo alla scoperta dell'isola di Mozia, sede della famosa colonia fenicia, circa 60 chilometri a ovest della nostra base.

articolo pubblicato il: 10/10/2011

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