La formula del confronto adottata con successo in diverse precedenti esposizioni è una delle linee-guide che connota la programmazione annuale del Museo darte delle Generazioni italiane del 900 G. Bargellini di Pieve di Cento (per brevità oramai chiamato MAGI), che intende così creare momenti dialettici nellambito dello stesso contesto espositivo tra esperienze creative diverse per tematiche, centri dispirazione e soluzioni linguistiche. E una formula che appare tanto più stimolante quando coinvolge artisti di forte personalità, lontani per anno di nascita, con back-ground assolutamente diversi, percorsi formativi e creativi autonomi ed esiti tra loro certamente remoti. Comè il caso del nuovo ed inedito capitolo della storia dei confronti da museo che interessa questa volta due artisti di diversa nazionalità, distanti circa mezzo secolo per anno di nascita: il polacco Ladislas Kijno, nato a Varsavia nel 1921, e il modenese Erio Carnevali, classe 1949; la mostra (Il cosmo della meccanica mentale e gli orizzonti del colore, catalogo Edizioni Bora, aperta fino al 6 marzo) pone il visitatore di fronte allintrigante medianica pittura cosmica del polacco, che si ispira agli insiemi dellatomo, confrontata dialetticamente al musicale vedutismo dellartista italiano che da anni insiste sul tema degli orizzonti del colore.
Con il risultato di porci in una situazione estremamente stimolante di contestuale fruizione critica di specificità espressive che si collocano in versanti creativi e universi culturali diversi, quanto inaspettatamente capaci di comunicare fra loro e di creare suggestive interazioni che ovviamente non erano nelle intenzioni e nei progetti espositivi dei singoli artisti. Il che dimostra che, nel momento espositivo, oltre a quella dei due artisti vi è anche la fondamentale opera del curatore, che servendosi dei rispettivi apporti, riesce a proporre una originale forma di comunicazione complessiva. Si tratta, seppur con modi e risultati diversi di due forme di autoanalisi, come segnala Giorgio Di Genova, Direttore Artistico del Museo, il quale individua nei due pittori qualche consonanza nel dialogare con la psiche, in un caso in direzione medianica, nel secondo in direzione enigmatica, e sottolinea come entrambi convergano nella scelta di creazione artistica come invenzione di linguaggio, al di là di ogni meta figurativa.
Di padre polacco e madre francese, Kijno è un crogiuolo di cultura polacca (suo padre era minatore, ma anche primo violino al Conservatorio di Varsavia), di studi classici e filosofici e di maturazione artistica sicuramente francese; dalle prime esperienze figurative (molto apprezzata fu nel 1950 la sua Cène dipinta nella cripta della chiesa di Assy, dove avevano operato artisti come Léger, Matisse, Bonnard e Braque) passa verso la fine dei 50 alle prime vaporizzazioni di colore in ambiente umido, e, successivamente alla sperimentazione di tecniche personalissime, tra cui il passaggio alternativo dalla tela tesa alla tela increspata, finalizzate comunque alla comunicazione di tematiche attuali (noti i suoi lavori dedicati alle lotte di Angela Davis), a raffronti con espressioni letterarie (le tele dedicate ai poemi di Neruda e gli omaggi a Rimbaud) e a visionarie interpretazioni dellApocalisse. In una lontana intervista rilasciata al periodico darte Terzo Occhio, così Kijno si autodefiniva: Sono un uomo medium, non sono un pittore; dipingo con i mezzi di un pittore, ma sono qui per rimettere in comunicazione tutti i sistemi. Mentre in tutti i sistemi attuali uno è uguale a uno, per me uno è uguale a infinito.
La vicenda artistica di Erio Carnevali, invece, conosce i suoi esordi nei primi anni 70, quando, contemporaneamente, si occupa di comunicazione aziendale, realizza scenografie per il teatro e per la televisione, lavora nel campo delleditoria per ragazzi. Già agli inizi le sue opere su tela, spesso di grande formato, riprendono il filo dellastrazione lirica, del colore come risonanza interiore, in un processo ideale che va da Kandinsky allespressionismo astratto di Rothko, fino alla pittura-pittura statunitense ed europea; in una rigorosa e quasi ossessiva ricerca linguistica e pittorica in cui la struttura compositiva prevalente è quella di un ampio spazio indistinto, mistico, dalla luce baluginante, attraversata da un capo allaltro da un campo cromatico in cui si sovrappongono più toni e colori, in una fantasiosa ed incredibilmente varia combinazione di effetti e di risultati visivi, ravvivati e movimentati da un meditato uso delle sgocciolature di pigmento liquido. Quella che produce Carnevali, come ci fa notare Claudio Spadoni in catalogo, è una pittura come organismo dotato di vita propria, sciolto da vincoli di associazione diretta con particolari esperienze visibili, nel quale tuttavia viene alla luce e si riconosce quanto di più profondo resta di tali esperienze. La presenza del suo lavoro è molto forte nella città e nella provincia di Modena, dove il poliedrico artista ha firmato diverse opere monumentali, anche trasponendo la sua visione pittorica nel mosaico e nella ceramica; peraltro la sua versatilità è dimostrata anche nel costante impegno editoriale, che lo ha visto di recente protagonista nella pubblicazione di libri darte con Paolo Conte e Giuseppe Pederiali.