Io c’ero in platea al Teatro Nuovo quella sera del 1967 in cui Leo Nucci debuttava come Figaro nella stagione del teatro Lirico Sperimentale. Mi sembrava che Beaumarchais prima, e poi Rossini ed il librettista Sterbini avessero avuto davanti Leo Nucci quando creavano i loro capolavori sul barbiere maneggione.
L’anno dopo, facendo la comparsa come tanti giovani spoletini, ebbi modo di conoscere Leo Nucci, convocato per una parte da baritono, forse ne “L’Arlesiana”, non ricordo. Era un ragazzo simpatico e alla mano, senza alcuna posa d’artista.
Per decenni, nelle biografie del baritono il nome di Spoleto non comparve, quasi una damnatio memoriae, ed ancora oggi in internet viene scritto che abbandonò presto la carriera da solista per motivi personali, finendo a fare il corista, sia pur in un coro prestigioso come quello della Scala. Solo da qualche tempo si parla del suo debutto trionfale di Spoleto, ma non sono noti i “motivi personali” che lo indussero a fare il corista.
Io una spiegazione ce l’avrei. Era successo che si volle tentare una sinergia tra il TLS ed il Festival dei Due Mondi. Nucci ed un collega furono scritturati, se non erro, per il Festival del ’69; furono impallinati da un paio di critici di quelli sempre proni nei confronti dei grandi nomi e sempre pronti a massacrare le giovani promesse. Nucci ed il collega cantarono e si mossero benissimo, ma questo non bastò a salvarli. Chi avesse tempo e voglia di spulciare negli archivi potrebbe forse scoprire in questo episodio i “motivi personali” che per poco non privavano l’Opera di un talento come Nucci.
Il mio augurio per i due ottimi Figaro di quest’anno, Paolo Ciavarelli ed Alfred Ciavarrella, è di avere davanti luminose carriere come quella di Leo Nucci e che tra molti anni uno dei tantissimi giovani presenti in platea in questa edizione possa dire, parlando di loro, “Io c’ero”.
articolo pubblicato il: 22/09/2019 ultima modifica: 02/10/2019