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arte e mostre
la sintesi espressiva di Fazzini
di Michele De Luca

Il Cristo risorto, realizzato da Pericle Fazzini (Grottammare 1913 - Roma 1987), è la scultura universalmente conosciuta del maestro marchigiano, se non altro per la sua prestigiosa collocazione nella Sala Paolo VI in Vaticano, dove fa da sfondo alle udienze papali; l'opera, realizzata tra il 1972 e il 1977, si colloca nella fase più matura della sua produzione artistica e riassume pertanto i suoi "gandi amori", e cioè "il senso fisico di pelle sulle ossa" che già negli anni '30 lo avvicina al barocco e a Rodin, il furor che lo porta a scavare nelle superfici intricate e contorte della natura, l'esplosione di una spiritualità panteistica e, infine, il "mestiere", che lo spinge ogni volta a ricercare nuove soluzioni tecniche. E' insomma un capolavoro che ci "invita", ogni volta che lo ammiriamo, a volgere lo sguardo indietro nell'esperienza umana e artistica di Fazzini, a ripercorrere il suo iter creativo, illuminandone la "lettura" e ad apprtezzarne le successive tappe in cui si è svolto per circa sette decenni, e si pone quindi come risultato sommo di un'impresa artistica che ha avuto il grande merito di riscattare la pesantezza in cui era sprofondata la scultura monumentale tradizionale, in quanto rivaluta e attualizza quegli elementi del linguaggio secentesco, da cui fu affascinato fin da adolescente, quali l'immediatezza dell' immagine, la metamorfosi della natura, l'uso di elementi vivi come l'acqua e il vento. Come termine di un viaggio poetico ed estetico, cioè, iniziato addirittura da bambino, insieme ai suoi numerosi fratelli, nella grande falegnameria del padre Vittorio, esperto intagliatore ed ebanista e, nei momenti liberi, anche scultore.

L'artista, com'è noto, ha ottenuto nella sua vita successi e riconoscimenti, come poi, nel ventennio che ha seguito la sua scomparsa, diverse rivisitazioni in importanti mostre, tra cui ricordiamo in particolare la mostra nel 1995 alle chiese rupestri di Matera e la grande antologica, giusto dieci anni dopo, nello scenario incomparabile di Villa d'Este a Tivoli; inoltre, nel 2006, è stato creato nel rinnovato Palazzo del Capitano del Perdono ad Assisi, il Museo Pericle Fazzini, che accoglie in via permanente i suoi capolavori, diventando, anche con la realizzazione di mostre temporanee tese a rievocare la sua figura e il suo "mondo", un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla sua opera, oltre che un nuovo motivo di interesse culturale per la città di San Francesco.

In questo intelligente lavoro di riproposizione continua e sempre ricca di nuovi stimoli si colloca anche un'attività del Museo che tende a coinvolgere altre istituzioni culturali e prestigiose sedi espositive; com'è il caso ora della Fondazione Tito Balestra di Longiano (Forlì Cesena), che ospita nelle splendide sale del Castello Malatestiano, sede della stessa Fondazione, una raffinata selezione di circa sessanta sculture di piccolo formato in cera, bronzo, oro e argento, datate 1946 - 1986 (e quindi tali da farci ripercorrere un bel pezzo di strada dell'esperienza artistica fazziniana), insieme a venti disegni che rivelano un altro avvincente aspetto del suo lavoro.

La mostra, curata da Giuseppe Appella, ripropone dunque un aspetto particolare della produzione di Fazzini, a cui l'artista teneva tantissimo, e così ne parlava nel 1984: "Queste piccole sculture sono state molto importanti per me. Durante la guerra e subito dopo mi aiutarono a sopravvivere, le vendevo agli americani anche per cinquantamila lire. Oggi mi ci dedico costantemente, tornando spesso su figure che ho fatto molti anni fa', perché il mio lavoro è un continuo tornare alle radici. Non sono meno importanti per le dimensioni. Vi lavoro cercando di risolvere ogni volta un problema nuovo, e lo spazio che vedo a poco a poco diventa infinito". Sperimentare, cercare, tornare alle radici: sono parole ribadite di continuo nei suoi discorsi sul suo lavoro, che, senza cedere a qualsiasi sirena, seguitava ad esprimersi attraverso la figura umana, riconoscendo poi al disegno, praticato quotidianamente, un'importanza fondamentale, verificabile sull'istante nelle sculture realizzate, soprattutto nei piccoli bronzi, di altezza non superiore ai venti centimetri.

Fazzini si trasferisce a Roma, dalla natia Grottammare, nel 1930; frequenta i corsi della Scuola Libera del Nudo all'Accademia e già due anni dopo partecipa al Concorso per il Pensionato Artistico Nazionale e lo vince; lo stesso anno è presente alla Triennale di Milano, dando inizio ad una lunga ed intensa carriera costellata di mostre di rilievo internazionale, di partecipazioni alle Quadriennali romane e alle Biennali di Venezia. Nel 1950 realizza il complesso scultoreo della cappella dedicata a Santa Francesca Cabrini nella Chiesa di Sant'Eugenio a Roma e, nel 1964, realizza la porta principale della Chiesa di San Giovanni Battista sull'Autostrada del Sole. Anche nelle "piccole" sculture che si possono ammirare nella mostra di Longiano, c'è tutto Fazzini: quel getto movimentato e prepotente delle masse che, come ben vide Ungaretti, rimarranno radicate nel sentimento e nella fantasia, simili al "favoloso furore del vento, furia della danza", riflesso di una "classicità" maestosa e al tempo stesso attuale, concentrata nei gesti delle figure, attualissime, che sembrano però rispecchiarsi nella lezione di Donatello e di Michelangelo; in particolare i suoi nudi, che con la loro tensione tradiscono un moto interiore, una concentrazione di energie contrastanti, con esiti di forte drammaticità ed autentica religiosità. Ci dice Appella: "Non la verosimiglianza, è il suo problema, ma il significato di un gesto", in uno stile che "cerca di emancipare la forma rendendola sempre più sintetica, con la spiritualità penetrante del poeta, il tedio doloroso, gli smarrimenti intellettuali di chi ha pensato e vissuto con il cuore il tempo della sua vita".

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