"Io l'ho servita." "Favorito, grazie!". I barbieri di una
volta, rifinito il cliente, gli sfilavano dal colletto la
tovaglia con mossa fulminea, tipo veronica dei toreri. A quel
botta e risposta seguiva l'omaggio di un calendarietto tascabile,
profumato di lavanda, con il cordoncino di velluto che pendeva
dalla bustina di carta di riso. Non sappiamo se i barbieri italiani
trapiantati in Brasile vi avessero introdotto quel rito
melodrammatico. Non lo sappiamo con certezza, però ci piace
credere di sì, prima di raccontare la storia a lieto fine di un
barbiere di Sicilia e del suo giovane erede.
C'era una volta a Tietê, non lontano da San Paolo del
Brasile, un barbiere oriundo di Caltanissetta, nella Sicilia
profonda. Si chiamava Miguel ed era emigrato all'età di undici
anni. Suo padre Rosario, di professione sacrestano nella chiesa
di San Michele Arcangelo, forse s'era inguaiato con la politica
ai tempi dei Fasci siciliani e del primo socialismo. Oppure no,
e per altre ragioni aveva deciso di andarsene dalla Sicilia,
portandosi dietro la famiglia. A quei tempi il futuro delle
famiglie lo decidevano i capifamiglia. Così, un bel giorno del
1895, Rosario Guarneri, sua
moglie Rosa e i due figli Rosario
e Michele presero il primo
treno per Palermo. A Palermo
s'imbarcarono sul vapore
postale per Napoli, che
partiva alle cinque del pomeriggio.
Il giorno dopo, nel
porto di Napoli, li attendeva
il transatlantico per il Brasile.
Negli uffici del porto di
Santos, la famiglia Guarneri
fu registrata come Guarnieri.
Un errore che non le dispiacque.
Non erano più omonimi
del grande liutaio di
Cremona, ma il loro cognome
s'era ingentilito e suonava
a cognome di continente
(per i sardi e i siciliani, il mondo
si divide in Sardegna,
Sicilia e Continente). Rosario
e Rosa restarono tali e
quali, Michele invece divenne
Miguel. Miguel Guarnieri,
che sciccheria. Poco
dopo il ragazzo s'impiegò
come manovale e gli vennero
i calli alle mani. Ma siccome
gli piaceva la musica, suo
padre lo mise a fare il barbiere
con il figlio maggiore. Miguel, con le mani curate e l'aria da
fine dicitore, divenne il più bel barbiere di Tietê. Lavorava
all'antica, s'intendeva di opera lirica e s'arrangiava a suonare
molti strumenti. Un giorno buttò l'occhio su una ragazza di
aspetto normale e di antica famiglia locale, che sapeva suonare
bene il pianoforte. Era Géssia de Arruda Camargo Penteado,
una brasiliana perfetta: nelle sue vene scorreva sangue iberico,
indio e africano. Inoltre, i cognomi Camargo e Guarnieri
stavano bene insieme. Così la pensavano i ragazzi, così la
pensavano i Guarnieri, ma
così non la pensavano i de
Arruda Camargo Penteado.
Alla fine vinse l'amore e i
Camargo si arresero.
Miguel e Géssia ebbero
dieci figli. I quattro maschi
li chiamarono, nell'ordine,
Mozart, Rossine, Belline
(con e finale pronunciata i),
e l'ultimo Verdi, che morì
all'età di due anni. Il primogenito
Mozart fece onore
al suo nome di battesimo,
anche quando, da musicista
affermato nel mondo, decise di non usarlo più, in segno di
rispetto per Wolfgang Amadeus. Pensando a Mozart, Miguel
si affannava in bottega. "Io l'ho servita". "Favorito, grazie!".
Regalava il calendarietto al cliente, e la mancia la investiva
nelle lezioni di solfeggio. Il
ragazzo sapeva già comporre,
cresceva e sbirciava le amichette
delle sorelle. Una di
quelle mocciose gli ispirò "Sonho
de Artista", un valzer lento
che per Mozart tredicenne fu
come il primo amore, che non
si dimentica. Il padre, fiero,
s'indebitò per farlo pubblicare
dalla Casa Mignon di San
Paolo. Era il 1920. Sonho de
Artista fu la prima opera a
stampa di Mozart Camargo
Guarnieri, con tanto di dedica
al suo professore di piano, il
signor Virgínio Dias di Tietê.
Un esemplare di Sonho de Artista
oggi fa parte del fondo
Camargo Guarneri dell'Instituto
de Estudos Brasileiros di
San Paolo, ma nessuno finora
lo ha eseguito o riprodotto
perché il Maestro, scomparso
nel 1993, ha disposto per testamento
che non si può, come per
tutto quello che ha scritto e
pubblicato prima del 1928.
Miguel Guarnieri, con Mozart
per mano, si presentò a casa
del professor Virgínio per fargli
una sorpresa. Ufficialmente era lì per l'onorario. Virgínio aveva
fama di essere imprevedibile, e dunque era prevedibilissimo
nelle sue reazioni ispirate al sentimento del contrario. Non
frequentava la barberia di Miguel. Non amava i calendarietti.
I profumi gli davano ai nervi. Non gradiva gli omaggi né
gradiva ricambiarli, neppure a parole, gli bastava l'onorario.
Così, quando Miguel in salotto tirò fuori lo spartito di Sonho
de Artista, valzer lento, e glielo porse in modo che si vedesse
bene che l'autore era Mozart Camargo Guarnieri e che il pezzo
era dedicato al professor Virgínio Dias, il nominato prese fuoco
come una torcia. Rosso in viso, aprì lo spartito, dette
un'occhiata rapida e lo richiuse, serrando le palpebre per rendere
meglio l'idea. Riaprì gli occhi tenendoli sbarrati e fissò Miguel,
dritto nei peli dei baffi a manubrio. Voleva farlo imbestialire.
Poi, come se solfeggiasse, dopo una pausa di quelle che nel
pentagramma hanno il segno di corona, disse: "Chi vi ha
autorizzato a dedicarmi questa porcheria? Questo Sonho de
Artista è una porcheria. Non c'è niente da fare, Miguel. Il vostro
Mozart, più che barbiere non può diventare".
Miguel Guarnieri si ricordò di colpo che era nato Michele
Guarneri. Prese Virgínio per il bavero e gliene disse di tutti i
colori, in tutti i toni. Il meglio e il più glielò urlò in dialetto,
quello della sua terra. Prese la porta e senza una parola tornò a
casa tirandosi dietro Mozart e il suo valzer lento. La sfida con
il professor Virgínio Dias era solo
all'inizio.
Due anni dopo la famiglia
Guarnieri si trasferì da Tietê a
San Paolo. Miguel moltiplicò gli
sforzi. "Io l'ho servita". "Favorito,
grazie!". Géssia si arrangiava
in casa con qualche lavoretto,
Mozart studiava da compositore
con maestri di rango e aiutava
la famiglia facendo il lettore di
partiture nei negozi di musica.
E siccome non bastava, padre e
figlio accompagnavano i film
muti nei cinematografi. I film di
allora duravano meno di un
taglio di capelli. Miguel, pizzicando le corde del contrabbasso
come fossero guance da radere, lottava con il sonno, mentre
Mozart al piano faceva volare le mani sui tasti. Teneva d'occhio
il padre, la gente in sala, lo schermo, improvvisava, sognava e
imparava a intrecciare le immagini con le note, i sentimenti
altrui con la propria vena artistica.
La sfida di Miguel era quasi vinta. La bella aurora di
Camargo Guarnieri, il più grande compositore brasiliano dopo
Villa-Lobos, era già cominciata.