In passato né l'Inghilterra né le altre potenze si sono preoccupate per il mantenimento della democrazia ad Hong Kong. Nelle ultime settimane la Cina ha moltiplicato le denunce di interferenze esterne e sicuramente il tema dello statuto speciale di Hong Kong sarà stato al centro dei colloqui del premier cinese durante la sua visita a Londra.
Nonostante forti limiti, la vita politica dell'ex colonia inglese è molto più ricca e pluralista che nel resto della Cina. Ma ciò non basta ad ampi settori della società di Hong Kong che restano vigili nel salvaguardare i diritti esistenti e decisi a battagliare per aumentarli. La questione è di notevole importanza, perché non si sa fino a qual punto il governo di Pechino si disposto a tollerare un sistema politico ed economico diverso dal resto del Paese.
Le preoccupazioni degli ex sudditi inglesi riguardano sia le condizioni di vita che la volontà di non fare passi indietro in materia di giustizia e di libertà di espressione. Le resistenze di Pechino ad accettare una situazione di pluralismo sono evidentemente decise.
La Cina dispone di diversi meccanismi per influire sulle istituzioni della città e limitare i poteri dell'autonomia, chiunque siano coloro che ne sono a capo, ma gli abitanti sono molto attenti su questi argomenti. Dal 1997, anno delle riunificazione, il governo centrale vanifica il suffragio popolare pretendendo che i candidati abbiano il nullaosta di Pechino.
Sicuramente l'economia ha mantenuto un buon ritmo di crescita, con una media annuale quasi del tre e mezzo per cento ed è stato mantenuto il sistema economico ultraliberale di stile anglosassone; inoltre la Cina si è mossa con sostanziosi aiuti nel momento della crisi economica che ha messo sotto scacco il mondo occidentale, ma teme comunque che gli abitanti di Hong Kong possano esprimere liberamente le proprie preferenze nell'indicare i responsabili del governo della città. Nemmeno il ricorso al patriottismo può convincere della bontà di una limitazione dell'autonomia.
Il PCC deve guardare oltre e ricordarsi delle lezioni apprese nel 2003, quando pretendeva di modificare l'articolo 23 della legge fondamentale dell'autonomia e nel 2012, quando pretendeva di imporre le lezioni di patriottismo nei programmi scolastici. Se in queste occasioni Pechino ebbe la saggezza di fare marcia indietro, adesso la tentazione di usare il pugno di ferro è più forte, nel timore di un'internazionalizzazione dei problemi. Ciò nonostante, per Pechino sarebbe meglio rispettare le aspirazioni democratiche dei cittadini di Hong Kong e guardare avanti.
articolo pubblicato il: 25/07/2014 ultima modifica: 07/08/2014