L'Italia purtroppo è in prima linea tra i Paesi occidentali nei rapporti storici, politici, economici e sociali con la Libia. Al di là dei recenti accordi con Gheddafi la vicinanza geografica tra i due Paesi è stata sempre il fattore determinante nell'affrontare da entrambe le parti i problemi, a cominciare dalla conquista coloniale di cento anni fa (ottobre 1911). Gli avvenimenti di questi giorni - la rivolta contro Gheddafi - e le conseguenze che da questa stagione si avranno nei rapporti bilaterali, sono imprevedibili ora. Per di più la reazione brutale e sanguinosa del regime del "colonnello" di Tripoli alla rivolta popolare impone all'Italia di adottare una politica di fermezza e di condanna.
Detto questo qualcuno dovrà spiegarci perché all'improvviso tutto il Nord Africa è esploso ed in poche settimane milioni di persone sono scese in piazza rifiutando di accettare ancora le pressioni e i regimi dittatoriali di pochi privilegiati per di più ciechi e sordi di fronte alle condizioni economiche e sociali dei vari Paesi. Una risposta potrebbe venire dallo straordinario moltiplicarsi delle occasioni di conoscenza di quel che avviene nel mondo ai giorni nostri. Milioni di persone, soprattutto giovani, possono vedere facilmente come si svolge la vita economica e sociale nei Paesi europei e ciò attraverso le televisioni (ricordiamoci che nella stessa Italia del dopoguerra la TV e la radio hanno praticamente azzerato insieme con la scuola l'analfabetismo). Senza dimenticare poi la straordinaria possibilità, per alcuni, certo tra i più fortunati, di conoscere via internet i mondi nuovi di oggi. Tutto questo a due passi da casa loro, quando esiste una casa.
Per di più in tanti hanno capito che se vogliono affrettare i tempi e liberarsi, devono comunque lasciare la loro terra: l'Italia ha accolto cinque milioni di stranieri, altrettanto fanno altri Paesi europei. Tutti gli emigrati stanno certamente meglio di chi rimane a casa, aspettando un miracolo che non viene dall'alto. E la stragrande maggioranza di chi è venuto nella ricca Europa ed ha le carte in regola sa che può contribuire con il suo lavoro allo sviluppo del Paese che l'accoglie. Ma non c'è spazio per tutti.
articolo pubblicato il: 03/03/2011