Ilario Fioravanti (Cesena 1922 – Savignano sul Rubicone 2012), un artista raffinato ed eclettico (scultore, pittore e architetto) come meglio non potrebbe convenirsi ad una tradizione culturale e artistica della sua amata Romagna che, senza esitazione, può definirsi di forte impronta “rinascimentale”.
L’attenzione e la curiosità di Fioravanti verso l’arte in genere e verso quella del nostro Rinascimento sono state quanto mai precoci; è lui stesso a raccontarlo: “Verso i sette anni misi assieme dei soldi e comprai due cose: una bicicletta e il dizionario Melzi, in due volumi, un repertorio ricco di immagini da dove mi divertivo ricopiare, a mano libera, le tavole illustrative dei personaggi e guardavo con attenzione le riproduzioni delle opere di Masaccio, Michelangelo, Leonardo e altri grandi maestri del passato; passavo gran parte del tempo a riempire dei foglietti – tantissimi – di disegni, tutto quello che trovavo lo disegnavo. Disegnare era una necessità che ancora oggi, a distanza di tanti anni, sento fortissima”.
Riguardo alla sua ricerca e attività annotava: “Il lavoro dell’arte è un gran piacere, anche se faticoso, impegnativo, pesante, com’è la scultura. Ho una gran quantità di idee che non so se riuscirò a realizzare, e ogni idea ne porta un’altra, come la luce nel tramonto che mentre cala d’intensità aumenta il baluginio, l’intensità del colore. Meno luce, ma più fascino. Come architetto mi è capitato spesso che a metà dell’opera dovessi cambiare – quando tutto era già stato progettato e mi sembrava funzionare – il mio lavoro; allora ho imparato, per consolarmi, che il bravo architetto è quello che dagli errori ricava poesia. Così è in scultura. La faccio in un giorno, a volte, ma la penso per mesi, disegno, provo e riprovo. Tiziano dipingeva un quadro poi lo lasciava da parte per molto tempo e quando lo andava a rivedere ne faceva una critica, penso sia questo il modo di procedere, non esercitare un’arte per compiacere, ma per esprimere delle sensazioni e dei concetti”.
Proprio alla scultura del grande maestro cesenate è dedicata al MART di Rovereto una importante mostra “Armoniche disarmonie”, curata da Marisa Zattini, profonda conoscitrice di tutta la sua lunga e intensa vicenda artistica e culturale, che già, a dieci anni della sua scomparsa curò e allestì nella sua città natale la mostra “Luoghi & Paesaggi dell’anima” nelle splendide sedi della Chiesa di San Zenone e della Biblioteca Malatestiana. Qui ora, l’opera scultorea di Fioravanti viene esposta, in un singolare e accattivante confronto (un “appassionante corpo a corpo” – è il caso di dirlo) con quella del veneto Giovanni Paganin (Asiago, 1913 - Milano, 1997), la cui mostra è curata da Marina Pizzaiolo, entrambi interpreti di una scultura potentemente espressiva, che pone al centro la rappresentazione della figura umana, ovviamente con approcci e soluzioni plastiche proprie e originali, in una dialogo “ravvicinato” e affascinante tra le reciproche sensibilità, culture e impeti creativi. Scrive la Zattini: “L’aria che respiriamo è la stessa ma le geografie e le storie personali mutano differentemente. Lo confermano le opere di questi due artisti, Giovanni Paganin e Ilario Fioravanti, riunite e presentate congiuntamente, oggi. È così che la compresenza di anime diverse che si incarnano e si raccontano nello stesso secolo sono capaci di suscitare armoniche disarmonie, dall’urlo al canto”.
L’evento espositivo consente, però di soffermarsi su ciascuna delle due grandi personalità, per cui ognuna delle “due” mostre, potrebbe essere considerata una autonoma “personale”. Da trattare e recensire, una per volta. Qui ci soffermiamo sul grande Cesenate, per il quale – sono sue parole: “il corpo è il luogo della storia, lo studio dell’uomo, inteso con serenità ed equilibrio, come fatto plastico che svela le altre forme, come sentimento che scopre il senso poetico delle cose”. E qui ci accompagna e ci stimola con il bellissimo saggio introduttivo di Marisa Zattini, da cui emerge con tutta le sua potenza e gioia creativa la personalità dell’artista, poliedrico come l’uomo rinascimentale e umanistico, in cui la persona umana è al centro del suo interesse più profondo, nel solco e nell’autenticità di Publio Terenzio Afro (quel famoso “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”): la gioia “che è uno status, in cui c’è anche spazio per contenere il dolore”. Che sa guardare il mondo tra antiche certezze e la saggezza del dubbio (vero motore del progresso umano e della crescita interiore), sempre con l’occhio che sa guardare avanti con la curiosità, la meraviglia e l’occhio di un bambino, dimostrandoci che “anche le cose più banali, sottratte all’evidenza della nostra quotidianità, possono assurgere alla categoria dello straordinario”.
Sono profondamente in sintonia con la curatrice della mostra che, dal momento in cui l’arte “è la confessione più autentica delle profondità dell’io”, attraverso le sue opere conosciamo l’artista; quanto è altrettanto vero inconfutabile che conoscendo l’uomo, meglio e di più si può conoscere più in profondità la sua opera (un esempio per tutti: quanto le sue lettere, i suoi diari, i suoi pensieri, che ci mostrano la sua quotidianità, il suo vivere “materiale”, le sue povere gioie e i suoi grandi dolori, ci fanno meglio conoscere i “Canti” di Leopardi? … Così è, per Fioravanti, che la Zattini, come il grande romagnolo Tonino Guerra – più volte citato –i quali, avendo avuto la possibilità di conoscere l’uomo-Fioravanti, nel suo furor creativo (bellissima la citazione di Pessoa, o meglio del suo “inquieto” alter ego Bernardo Soares : “Quello che distingue le persone le une dalle altre è la forza di farcela, o di lasciare che sia il destino a farla”), ma anche nelle sue “fragilità”, più di altri hanno poi avuto l’opportunità di entrare in modo quanto mai penetrante nel suo “fare arte”.
Tutto ciò che Ilario Fioravanti ha incontrato nella vita – ci dice ancora Marisa Zattini - ogni più piccolo frammento di mondo, lo ha incuriosito e incantato. Tutto si è sedimentato in lui e, trasmutando, si è fatto opera, in modo fresco, ricco e rinnovato, forte e semplice”.
articolo pubblicato il: 15/02/2025