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finanza
il balletto della curva
di Domenico Massa

Era evidente che il Presidente Trump in occasione del “tagliando di mezza legislatura” avrebbe invocato i propri risultati sull’economia che rispecchiano il fantastico trend degli indici azionari a stelle e strisce. Ma in queste ultimissime ore qualcosa è accaduto. A mettere in allarme gli investitori è stato in effetti Jerome Powell, con una serie di interventi che preannunciano una politica monetaria più rigorosa, per frenare la forza dell'economia americana. A questo punto è necessario riflettere sul fatto che un modo in cui la curva di rendimento reagisce ai cambiamenti è quando la Federal Reserve apporta una modifica al tasso dei fondi federali, che può influire sui rendimenti. Queste mosse, tuttavia, sono solitamente telegrafate - e alcuni potrebbero addirittura dire coreografate - in modo che i mercati abbiano in larga misura assorbito l'effetto della correzione del tasso di interesse prima che accada.

Nel gennaio e Febbraio del 2016 alcune anticipazioni di Janet Yellen fecero precipitare i listini di tutto il mondo. Anche in quell’occasione si parlava di raffreddare l’economia con un rialzo dei tassi di interesse. All’epoca dei fatti era chiaro che non esistevano le condizioni per un aumento dei tassi ed il solo annuncio provocò una apocalisse, che come sempre accade ed accadrà in futuro è stata superata; infatti successivamente si sono raggiunti nuovi soddisfacenti traguardi. Oggi apparentemente le condizioni per pensare ad una inflazione da dover frenare ci potrebbero essere, ma un’analisi della struttura della componente lavoro negli USA dovrebbe orientare ad essere più prudenti. E’ vero che esiste quasi la piena occupazione e che i salari stanno aumentando e l’inflazione si sta facendo rivedere dopo più di un decennio, ma deve essere anche considerato il fatto che sono stati esclusi dalla platea degli aspiranti ad un posto di lavoro tutti coloro che non sono perfettamente in regola con i documenti.

La Yellen nei primi giorni del 2016 fece alcune dichiarazioni in modo poco liturgico rispetto a quanto abbiamo detto riguardo alle mosse della FED ed i listini virarono verso un profondo rosso dopo i massimi di aprile 2015. Oggi il Governatore pro tempore della FED, con le sue dichiarazioni sulla stretta sui tassi, non sembra aver rispettato la liturgia di cui abbiamo parlato e le conseguenze sui listini azionari si sono subito palesate. Come sempre la prudenza non è mai troppa, ma stracciarsi le vesti, e parlare di recessione è sicuramente fuori luogo e potrebbe generare danni irreparabili se condizionasse le proprie scelte di investimento facendo battere in ritirata per posizionarsi su asset privi di opportunità. Molti pretendono di curarsi approfondendo ed analizzando i propri sintomi con delle ricerche su internet e magari trovare sempre su internet i farmaci necessari: un comportamento idiota che può portare a gravi danni. La stessa cosa avviene per quanto attiene gli investimenti. Recentissimamente negli USA un argomento molto cliccato è stata la curva dei rendimenti. Qualche apprendista stregone confondendo la causa con l’effetto ha cominciato ad evocare lo spettro della recessione, partendo dall’osservazione della curva dei rendimenti. L’approccio rozzo e basato su conoscenze le cui fonti non possono dare sicurezza esprime in sintesi il ragionamento che se si è passati da una curva in salita ad una curva meno inclinata verso l’alto, a breve ci potrebbe essere una curva piatta e quindi in seguito è probabile una curva invertita; la curva invertita ha statisticamente anticipato tutte le recessioni, quindi è imminente una recessione.

Il ragionamento in realtà fa parecchie grinze. Prima di tutto è necessario sapere che ciò che appare sul piano di assi cartesiani e che viene denominato curva dei rendimenti non è la rappresentazione di una serie dinamica di punti, ma una foto riferita ad un determinato preciso istante; questo molti che sproloquiano sulla curva dei rendimenti forse non lo sanno. In un settimanale pubblicato il 12 ottobre si legge: “In realtà, guardando le cose dall’alto, ci accorgiamo che nella normalità, quella di una volta, stiamo iniziando a entrarci solo adesso e che qui resteremo verosimilmente nella prima metà del prossimo decennio. Una situazione da primi anni Sessanta con un mercato del lavoro teso ma non ancora troppo squilibrato, una solida inflazione strutturale non ancora troppo alta, un forte impulso fiscale che genera una crescita brillante e una produttività in accelerazione e, infine, una politica monetaria che fa da ancella a quella fiscale e fa parlare poco di sé.”

Ci sarà da pagare più di un prezzo e il conto potrebbe essere salato se non si conoscono bene certi meccanismi e soprattutto non si ha esperienza sul campo: non a caso importanti Istituzioni finanziarie ricorrono a soggetti che hanno superato durante la loro carriera almeno tre crisi economiche ed abbiano dimostrato di averle sapute gestire.

articolo pubblicato il: 12/10/2018 ultima modifica: 27/10/2018

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